Insomma Lòngola non vuole smettere di stupire. Una volta era solo una località rurale cenerentola, un po’ dispersa nell’Agro poggiomarinese, ubicata sulla destra idraulica del Sarno nei pressi Striano. Oggi occupa stabilmente un posto di rilievo nello scenario dell’Archeologia preistorica della Valle del Sarno. Intanto, è emersa all’attenzione degli storici una vicenda di sopraffazione culturale e di prepotenza savoiarda. Una vicenda che vide schierato nientepopodimeno che Benedetto CROCE a favore dell’archeologo emiliano Innocenzo DALL’OSSO e contro vari esponenti della intellighentia napoletana codina e serva del potere sabaudo dei primi decenni del Novecento.
Oggetto del contendere era il “primato” della preistoria palafitticola dell’Italia Nord-Orientale, messo in discussione dai ritrovamenti preistorici in quell’epoca eseguiti dal DALL’OSSO nella Valle del Sarno, in particolare a S. Valentino Torio e a S.Marzano sul Sarno. Tali ritrovamenti – in tempi più recenti proseguiti a Striano e a Palma Campania – sono stati poi coronati dall’eccezionale scavo dell’insediamento capannicolo di Lòngola. Si è così completato un quadro preistorico di assoluto livello per la storia della Campania antica, molti secoli prima dell’occupazione romana.
Ma a Lòngola non è solo Preistoria.
Appena l’anno scorso, nel 2017, grazie alle ricerche di tre giovani studiosi, è stato dato alle stampe un volume dal titolo “La regia Cavallerizza di Longola nel territorio di Striano”. I ricercatori e autori del volume sono Luigi AMBROSIO e Pasquale e Felice MARZANO, che si sono affidati per la pubblicazione al coordinamento editoriale dello stimato storico dell’area campana Angelandrea CASALE.
Nel volume si narra – con amplissimo ricorso alla riproduzione di manoscritti originali – la storia di una Cavallerizza posseduta a Lòngola dai Conti di Sarno Vincenzo e Muzio TUTTAVILLA, padre e figlio. Quest’ultimo fu protagonista e vittima della realizzazione del Canale regolato del Sarno, poi detto anche Canale Conte di Sarno. Muzio infatti – indebitandosi fino al collo – diede occasione all’architetto Fontana di ritrovare i ruderi dell’antica Pompei scavando nel ventre della collina della Civita Giuliana. Ma i suoi mulini di Torre Annunziata furono alimentati per poco tempo con l’acqua del Sarno, perché fu Vesuvio, con la eruzione del 1631, a metterli fuori uso, facendo così fallire Tuttavilla.
Dalla ricerca però emerge che le Terre della Lòngola a Striano ospitarono la Cavallerizza verso la fine del Quattrocento, in piena epoca Aragonese, la più gloriosa forse per Napoli e il suo Regno. Essendo poi essa quasi completamente in legno, già a metà del Cinquecento risultava in pessime condizioni di conservazione. Della “Cavallarizza” si perdono le tracce nel corso del Seicento, secolo turbolento, dopo il declino degli Aragonesi e l’avvento del Vicereame.
Ma, nonostante la scomparsa fisica della cavallerizza voluta a Lòngola dagli Aragonesi per l’allevamento di mandrie di cavalli selezionati per la Real Razza, non scomparve nell’area vesuviana la tradizione equestre. Essa dal 1613 si perpetua da oltre quattro secoli. E’ la Fiera del cavallo di San Gennaro Vesuviano.
Federico L.I. Federico
Articolo pubblicato il giorno 9 Marzo 2018 - 14:30