Napoli, cadavere di un pony ritrovato tra i rifiuti nelle discariche sotto al Ponte Fiat nella zona industriale. Il video
Riconosciuto come prodotto tradizionale campano, la pastiera napoletana – o meglio ancora, “la pastiera” – è uno dei capisaldi della cucina napoletana.Si tratta di una torta di pasta frolla, farcita con un impasto morbido a base di ricotta, frutta candita, grano, uova e zucchero. Nella ricetta classica si utilizza la cannella, i canditi, la scorza d’arancia, la vaniglia e l’acqua di fiori d’arancio. Con il tempo si sono inserite diverse variazioni alla ricetta tradizionale come la crema pasticcera nella farcitura o il cioccolato bianco nella frolla, considerati veri e propri scempi dai più tradizionalisti.
Nel salernitano, poi, esiste una variante ugualmente tradizionale che vede il riso al posto del grano; mentre nel casertano, la pastiera è preparata senza ricotta con tagliolini di pasta fatta in casa. E’ un dolce tipicamente pasquale ma oramai si trova in pasticceria tutto l’anno.
La leggenda narra che la sirena Partenope è la creatrice di questo dolce che deriva probabilmente dalle feste pagane e dalle offerte votive del periodo primaverile. Probabilmente questa leggenda è legata al culto di Cerere le cui sacerdotesse portavano in processione l’uovo come simbolo di rinascita che passò successivamente alla tradizione cristiana. La ricetta attuale arriva proprio dai conventi e la più celebre è quella delle suore del convento di San Gregorio Armeno.
Un’altra leggende invece, racconta di alcuni pescatori che, a causa dell’improvviso maltempo, erano rimasti in balia delle onde per un giorno e una notte e una volta riusciti ad approdare a terra, a chi domandasse loro come avevano potuto resistere in mare così tanto tempo, risposero che avevano potuto mangiare la “pasta di ieri” fatta con ricotta, uova, grano ed aromi. La pastiera iniziò pertanto ad essere simbolo di rinascita in quanto aveva dato una seconda vita ai quattro pescatori.
La pastiera risale almeno al 1600 e ne si ha prova dalla citazione di Gian Battista Basile ne “La gatta cenerentola”, quando menziona il dolce pasquale tra i dolci del banchetto finale durante i festeggiamenti che il re dà per trovare moglie.
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