“Tiranni! Vado in prigione a testa alta”. Halili Elmahdi, 23 anni, entra in Questura con sguardo sprezzante e inveisce contro le forze dell’ordine. Dopo mesi di indagini, gli agenti della Digos di Torino l’hanno arrestato per partecipazione all’associazione terroristica dello Stato Islamico. “Siamo intervenuti senza indugio”, spiega il questore Francesco Messina. “Abbiamo dovuto agire immediatamente per eliminare questa minaccia: Halili poteva compiere delitti”. Il blitz e’ scattato all’alba, nella casa di Lanzo dove il giovane abita con la sua famiglia. Il padre, muratore in Italia dal ’98, la madre casalinga e due fratelli. La sorella, non ancora maggiorenne, si dispera. “Ci avevi giurato che non l’avresti piu’ fatto. E invece siamo di nuovo qui”. Halili, nel 2015, aveva patteggiato una condanna a due anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena, per istigazione a delinquere con finalita’ di terrorismo. Autore del primo testo in italiano che esalta lo Stato Islamico, sul web aveva pubblicato una serie di documenti del Daesh: filmati dei combattenti in Siria e in Iraq, video delle esecuzioni di civili e militari, rivendicazioni degli attentati di Parigi e Bruxelles, messaggi del portavoce dell’Isis ucciso ad Aleppo, sermoni del ‘Bin Laden di Internet. Dopo il carcere ha continuato il suo percorso di radicalizzazione, sino ad arrivare a “consultare in maniera quasi ossessiva” la rivista “Rumiyah”, una sorta di manuale per i guerriglieri del Califfato in Occidente. “L’Islam e’ equilibrio tra amore ed odio – diceva – Bisogna amare i credenti e odiare i miscredenti”. Odiarli al punto di ucciderli: per questo studiava come usare i coltelli e come preparare i camion bomba. “Era il momento di intervenire”, aggiunge Messina. “Non potevamo permettere che individuasse l’obiettivo da colpire. Si tratta di una minaccia in un contesto liquido, non preciso, ma delicatissimo. In questa fase e’ questa la minaccia che dobbiamo contrastare. Il Daesh e’ stato sconfitto sul campo di battaglia, ma la sua propaganda continua”. E Halili ‘viveva’ di propaganda. Prima si e’ indottrinato e poi e’ passato a contattare soggetti, ‘lupi solitari’, che, a suo parere, potessero compiere azioni terroristiche. Tredici le abitazioni perquisite nel nord Italia (Torino, Milano, Napoli, Modena, Bergamo e Reggia Emilia) durante l’operazione condotta con il supporto del Servizio per il contrasto dell’estremismo e del terrorismo esterno dell’Ucigos. Abitazioni di soggetti che il giovane era riuscito a intercettare: stranieri e italiani convertiti. Per la maggior parte gia’ noti alle forze dell’ordine. Nell’elenco c’e’ anche Luca Aleotti, di Reggio Emilia, che ha avuto diversi guai con la giustizia per istigazione al terrorismo e che a febbraio aveva finito di scontare la sorveglianza speciale. Gli esiti di questa operazione, per il segretario della Lega Matteo Salvini, dimostrano che “il rischio terrorismo e’ altissimo. Dopo gli arresti e la denuncia di Frontex sulla possibilita’ che ci siano infiltrati tra chi sbarca, chiediamo un intervento immediato, un controllo ferreo di tutti i nostri confini via mare e terra e la sospensione di qualsiasi ulteriore sbarco sulle nostre coste”. Halili prima contattava i suoi ‘adepti’ sul web e poi, in alcuni casi, dava loro appuntamento a Torino e in provincia. Per Carlo Ambra, capo della Digos di Torino, il 23enne e’ un “soggetto molto motivato, senza nessuna intenzione di ravvedersi”. Nemmeno per la sua famiglia, che aveva condannato la sua scelta.
Articolo pubblicato il giorno 28 Marzo 2018 - 22:24