L’archeologo preistorico Innocenzo DALL’OSSO intuì, sostenne e tentò di affermare – scrivendo e operando con tenacia – la grande importanza delle fasi preistoriche campane, che nulla avevano da invidiare a quelle dell’Italia del Nord. Tutt’altro, perché testimoniavano una civiltà affermata.
Egli trovò sempre però di traverso sulla propria strada il più autorevole collega PIGORINI e certa intellighenzia paleontologica asservita al potere
savoiardo prepotente nella Italia postunitaria, che era alla ricerca di lignaggio e credibilità in Europa, ormai alle soglie dell’avvento dei totalitarismi.
Luigi PIGORINI con la propria teoria proponeva un legame ideale tra i popoli italici delle Terramare e gli abitanti del centro Europa, coerente con le scelte di quei governi sabaudi che miravano a un avvicinamento tra Regno d’Italia e Imperi germanici. Il cattedratico contribuì così, forse scientemente, ad alimentare e diffondere l’idea di una arcaica e originaria preminenza del Nord sul Meridione d’Italia, dovuta alle sua vicinanza ideale e geografica alle nazioni di lingua tedesca. A ciò si opponeva di fatto DALL’OSSO, brandendo i risultati delle proprie fruttuose ricerche condotte sulla preistoria della Valle del Sarno, che egli riteneva almeno altrettanto prestigiosa e anche “generatrice” degli insediamenti nel territorio pompeiano. Ma Pompei nel Regno d’Italia era intanto divenuto un intoccabile simbolo di una Romanità dalle radici lontane.
DALL’OSSO allora cercò sostegno alle proprie intuizioni eseguendo saggi archeologici nel sottosuolo di Pompei, alla ricerca delle sue radici arcaiche.Purtroppo dai suoi scavi stratigrafici non emersero – o non furono coltivati –segni diacronici espliciti dalla Pompei romana già portata alla luce.
L’assenza di risultati fu intesa come un fallimento e innescò polemiche roventi, tanto che addirittura si scomodò “Don” Benedetto CROCE, scrivendoa favore di DALL’OSSO sul periodico Napoli Nobilissima. Il Tempo e la Storia però hanno fatto giustizia, dando ragione al precursore
DALL’OSSO e torto al cattedratico PIGORINI. In anni più recenti alcune indagini archeologiche mirate hanno poi confermato che il sito arcaico di Pompei era frequentato addirittura già nel tardo Neolitico e stabilmente occupato sin dall’antica età del Bronzo. Cioè il sito pompeiano era occupato da abitanti stanziali molto tempo prima distrutturarsi, nel Sec. VI a. C., come un abitato urbano evoluto e difeso da una poderosa cinta muraria, definita osca. Le scoperte infatti fanno ipotizzare l’esistenza di un insediamento preistorico del tardo neolitico – cioè databile intorno al tremila a.C.(!) – non lontano da quella che sarà, successivamente, la Pumpàia osca.Dunque, senza girarci intorno, dobbiamo concludere che la piena
riabilitazione di Innocenzo DALL’OSSO, sebbene postuma e tardiva, si profila necessaria. In vita a lui tocco’ di essere al centro di vivaci polemiche e (mal)trattato davisionario, perché aveva eseguito scavi a San Marzano e a San ValentinoTorio, rinvenendo, tra l’altro, anche i resti di un abitato palafitticolo. Tra le accuse, la più cocente e sanguinosa era quella che sosteneva che i numerosi reperti lignei da lui scavati nella Valle del Sarno erano i resti di processi di decomposizione naturale di legni e pali, da studiare dal punto di vista… botanico più che archeologico! L’insediamento capannicolo di Lòngola, protetto da centinaia di pali di legno, ha dimostrato che DALL’OSSO aveva in buona parte ragione ! Ma l’archeologia togata savoiarda, quella più “ministeriale” e romanocentrica – già pronta ad abbracciare il Fascismo strisciante – colse l’occasione per liberarsi di DALL’OSSO e delle sue teorie velleitarie e “revisionistiche”. DALL’OSSO fu rimosso da Pompei e trasferito nelle Marche, nel nome del
prestigio del giovane Regno d’Italia “riunito” sotto un’unica bandiera tricolore, ancora grondante sangue e ingiustizie.
Federico L.I. Federico
(Fine)
Post Scriptum
Al precursore di Lòngola, Innocenzo DALL’OSSO, il Comune Poggiomarino, anche di intesa con gli altri Comuni della Valle del Sarno teatro delle sue fruttuose ricerche e di ritrovamenti preistorici potrebbe dedicare con un atto simbolico riparatore il Sito Archeofluviale di Lòngola appena inaugurato, nel solco di un consapevole revisionismo storico e di un maturo Meridionalismo. Dalle colonne di questo Giornale lanciamo la proposta, chiedendo adesioni.
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