Avrebbero gestito lo spaccio di droga dalle celle dov’erano detenuti, facendo arrivare stupefacenti e anabolizzanti nello stesso carcere, gli uomini raggiunti stamane da 7 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Venezia ed eseguite dai Carabinieri. Si tratta di 5 misure di custodia in carcere e due obblighi di dimora. E’ la conclusione di un’indagine condotta dai Carabinieri del nucleo investigativo di Venezia tra novembre 2016 e ottobre 2017. Ha consentito di appurare che alcuni detenuti di origine albanese e un cittadino italiano, ristretti al ‘Santa Maria Maggiore’ di Venezia, avevano la disponibilità di telefoni cellulari con cui mantenevano contatti con l’esterno, secondo le indagini dirigendo attivita’ illecite tramite i loro complici, e facendo arrivare all’interno del carcere droga e anabolizzanti. Nelle celle sono stati sequestrati alcuni smartphones, simcard, un centinaio di pastiglie di anabolizzanti e un coltello costruito artigianalmente.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di spaccio di sostanze stupefacenti continuato in concorso. Le perquisizioni sono state eseguite stamane all’alba nelle province di Venezia e Napoli; all’attivita’ hanno preso parte circa 80 carabinieri del Comando di Venezia e della Compagnia di San Giorgio a Cremano (Napoli), con l’ausilio di un elicottero e di unita’ cinofile. Le indagini sono state condotte in stretta collaborazione con la direzione del carcere di Venezia. I Carabinieri hanno scoperto dapprima i canali di approvvigionamento dello stupefacente, che coinvolgevano la moglie di un detenuto italiano, che secondo la ricostruzione reperiva da un familiare cocaina e hascisc, e da una donna veneziana e da un calabrese l’eroina. Successivamente hanno raccolto tutta una serie di elementi a carico di alcuni cittadini extracomunitari che gestivano un’ingente attivita’ di spaccio nella zona di Mestre, in particolare nei parchi pubblici e nei bar frequentati da molti ragazzi.
Articolo pubblicato il giorno 22 Marzo 2018 - 08:50