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Droga e telefoni cellulari nel carcere di Venezia: arresti tra la città lagunare e Torre del Greco

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Venezia.


di droga in carcere telefoni cellulari: scatta l’operazione Cometa. All’alba di questa mattina, nelle province di Venezia e , il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Venezia, con l’ausilio del personale della Compagnia di Mestre e di Torre del Greco, del 4° Battaglione Carabinieri ”Veneto”, del 14° Nucleo Elicotteri di Belluno e del Nucleo Cinofili di Torreglia in provincia di Padova, hanno eseguito 8 misure di custodia cautelare, di cui 5 in carcere, 2 all’obbligo di dimora ed un divieto di dimora nella Provincia di Venezia, emesse dal Gip del Tribunale di Venezia, in accoglimento della richiesta della Procura lagunare, nei confronti di altrettanti soggetti di nazionalità albanese, tunisina e italiana, ritenuti tutti responsabili, a vario titolo di ”spaccio di sostanze stupefacenti continuato in concorso”. L’attività investigativa, convenzionalmente denominata ”Cometa”, è stata avviata e condotta tra novembre 2016 e ottobre 2017, a seguito di attività investigative che consentivano di appurare come alcuni detenuti di origine albanese e un cittadino italiano, ristretti presso la Casa Circondariale di Venezia ”Santa Maria Maggiore”, avessero la disponibilità di apparati telefonici cellulari con i quali mantenevano costanti contatti con l’esterno, finalizzati a proseguire e dirigere le loro attività criminali per il tramite dei loro complici all’esterno, nonché introdurre sostanze stupefacenti e anabolizzanti all’interno della struttura carceraria. Nel corso dell’attività d’indagine, diretta dal Pm Giorgio Gava, venivano eseguite, in stretta collaborazione con la Direzione del Carcere, una serie di perquisizioni nelle celle dei detenuti che permettevano di rinvenire e sequestrare 2 smartphones, 4 schede sim, 2 caricabatterie, un centinaio di pastiglie di anabolizzanti e 1 coltello costruito artigianalmente con lama di 8 cm. L’intercettazione dell’utenza cellulare in uso ad un cittadino italiano permetteva di verificare che, nel periodo detentivo, il recluso riceveva in più occasioni sostanza stupefacente del tipo cocaina, eroina e hashish, che gli veniva consegnata in carcere dalla moglie durante i colloqui periodici. L’introduzione dello stupefacente, poi rivenduto agli altri detenuti, veniva agevolata dal fatto che la donna lo occultava tra gli effetti delle figlie minori, eludendo così i controlli da parte della Polizia Penitenziaria. Venivano, altresì, individuati anche i canali di approvvigionamento dello stupefacente e più precisamente si appurava che la moglie del detenuto, su precise indicazioni del marito, reperiva la cocaina e l’hashish dal fratellastro dello stesso, mentre acquistava l’eroina da una donna veneziana e da un uomo calabrese. Anche il fratellastro gestiva un’autonoma rete di spaccio che si svolgeva principalmente nella zona di Marghera. Le successive attività tecniche, poste in essere proprio nei confronti dei due fornitori, permetteranno di individuare anche il livello superiore. Infatti questi gestivano una rete di spaccio composta da un’ottantina di ”clienti” che, giornalmente, venivano riforniti di cocaina e hashish nella zona di Mestre-Carpenedo. In tale attività, uno dei due pusher era coadiuvato dalla moglie italiana, che si prestava ad accompagnarlo in auto nei luoghi di spaccio, rimanendo poi in attesa in parcheggi limitrofi, aspettando di essere raggiunta dal marito che prelevava, di volta in volta, lo stupefacente destinato alle cessioni a terzi. La stessa accompagnava in auto il marito in occasione degli approvvigionamenti dai fornitori e, in tutte queste circostanze, la donna portava con sé il figlio di solo un anno d’età, proprio per evitare eventuali controlli da parte delle Forze di Polizia. Da ultimo, veniva accertato che gli spacciatori si rifornivano della cocaina, con cadenza settimanale, da cittadini albanesi anch’essi operanti nella zona di Mestre. Anche in questo caso, i carabinieri accertavano che i due fratelli operavano assieme ad altri connazionali, con i quali gestivano lo spaccio di cocaina e marijuana rivolto ad una ”clientela” composta da almeno quaranta persone. Le zone di spaccio in cui era concentrata la propria attività delittuosa – ora disarticolata – erano in particolare i parchi pubblici del veneziano ”Albanese”; ”Bosco dell’Osellino”, ”Hayez”, ”Bosco di Mestre”(parchi in cui veniva anche nascosto lo stupefacente) e nei bar vicini, frequentati da molti giovanissimi. Nel corso delle indagini sono state arrestate 7 persone in flagranza di reato, sono state denunciate in stato di libertà altre 8 persone oltre ai destinatari di misure cautelari, tutte per il medesimo reato, sono stati denunciati 5 degli attuali indagati anche per reati contro il patrimonio, sono stati sequestrati circa 500 grammi di cocaina, 2 kg di hashish; un centinaio di pastiglie anabolizzanti, beni di presunta provenienza furtiva per un valore di circa 2.000 euro. Inoltre il Gip, concordando con la richiesta del Pm, ha disposto il sequestro preventivo, ai fini della confisca per equivalente, di beni per un valore complessivo di 109.660 euro, derivanti dalle vendite di stupefacente effettuate dagli indagati. Contestualmente al provvedimento cautelare, sono stati eseguiti i decreti di perquisizione domiciliare a carico dei soggetti indagati.


Articolo pubblicato il giorno 22 Marzo 2018 - 12:39

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