Roma. “Movimentato sequestro di un telefono cellulare all’interno della Casa Circondariale NC di Rebibbia a Roma domenica sera. Ed il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe preannuncia una manifestazione in piazza, venerdì 16 marzo, contro le violenze in carcere, davanti a Regina Coeli. Spiega, in una nota, Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, quel che è accaduto nella serata di domenica a Rebibbia: “Una felice intuizione degli uomini della Polizia Penitenziaria che erano in servizio ha permesso di scoprire e sequestrare un telefono cellulare e identificare il detenuto (albanese) che lo stava usando proprio in quel momento. Verso le 21, nel Reparto G11, approfittando del fatto che grande parte dei detenuti erano intenti a seguire la partita Inter-Napoli, i poliziotti hanno fatto irruzione in una cella composta da un albanese, un rumeno ed bosniaco, sorprendo l’albanese mentre intratteneva una chiamata telefonica con un cellulare. Uno degli Agenti, aperta la cella, tentava immediatamente di immobilizzare il detenuto, che però opponeva resistenza fisica e lestamente lanciava il telefonino all’interno del water alla turca del bagno. Il telefonino veniva comunque successivamente rinvenuto aprendo il chiusino della fognatura. Il detenuto fatte le dovute contestazioni, veniva accompagnato al Reparto G 12, in isolamento”. “L’ennesimo episodio critico accaduto nel carcere di Rebibbia è sintomatico della esplosiva situazione delle carceri romane – prosegue la nota – E proprio per denunciare la gravità della situazione il SAPPE, insieme ad altre Organizzazione sindacali della Polizia Penitenziaria, manifesterà venerdì mattina 16 marzo davanti al carcere di Regina Coeli, a Trastevere. Il Segretario Generale del Sappe, Donato Capece, torna a denunciare la grave situazione penitenziaria regionale: “Ogni giorno nelle carceri romane e laziali accadono eventi critici. Tra Regina Coeli e Rebibbia, poi, le aggressioni, i ferimenti e le colluttazioni avvengono quasi quotidianamente, e spesso sono i nostri poliziotti a rimetterci nell’indifferenza dell’Amministrazione Penitenziaria e del Ministero della Giustizia,. La situazione nelle carceri del Lazio, dove oggi sono detenute 6.326 persone rispetto ai circa 5.000 posti letto è sempre tesa ed allarmante. I numeri riferiti agli eventi critici avvenuti nelle celle delle carceri del Lazio nell’interno anno 2017 sono inquietanti: 783 atti di autolesionismo, 62 tentati suicidi, 738 colluttazioni e 95 ferimenti. I suicidi sono stati 8 mentre i detenuti deceduti per cause naturali sono stati 9. Sono state, infine, 4 le evasioni da penitenziari laziali. E la cosa grave è che questi numeri si sono concretizzati proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario ‘aperto’, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia Penitenziaria”. Nelle carceri di Viterbo (129) e Frosinone (127) si sono contati il più alto numero di atti di autolesionismo, mentre è nelle carceri romane di Rebibbia (17) e di Regina Coeli (15) che la Polizia Penitenziaria ha sventato in tempo tentativi di suicidio di detenuti”. Per il SAPPE “lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti – lavorare, studiare, essere impegnati in una qualsiasi attività – è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti”. E la proposta è proprio quella di “sospendere la vigilanza dinamica: sono infatti state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili”. E proprio per questo il SAPPE ed altri sindacati penitenziari manifesteranno a Roma venerdì mattina 16 marzo. “Si è perso troppo tempo a ipotizzare una scellerata riforma penitenziaria che avrebbe assestato un colpo mortale alla sicurezza ed al concetto stesso di certezza della pena piuttosto che introdurre strumenti adeguati a garantire ordine e sicurezza nei penitenziari e tutele efficaci agli Agenti che lavorano in prima linea nelle sezioni detentive”, concludono Capece e Somma”.
Articolo pubblicato il giorno 13 Marzo 2018 - 12:05