“Contrariamente a me lui ha intrapreso la strada della collaborazione, ma lo sta facendo in maniera non coerente dato che non si è mai accusato di cinque omicidi che ha commesso, non ha mai fatto trovare né restituito i soldi frutto dei suoi proventi malavitosi: ancora oggi, mentre è in corso un processo che mi vede imputato di estorsione, reato che non ho commesso, Iovine non ammette di avere intascato lui una tangente di un miliardo e 300 milioni di vecchie lire, che poi reinvestì nelle attività del Polo calzaturiero….”. Parole e firma del super boss Michele Zagaria, un vero e proprio atto di accusa contro Antonio Iovine o’ ninno, uno dei suoi cumparielli, collaboratore di giustizia da alcuni anni e che l’ex padrino di Casapesenna accusa essere un falso pentito. Lo ha fatto come “dichiarazioni spontanee” in uno sfogo, come riporta Il Mattino, un ispettore in servizio nel supercarcere milanese di Opera, dove Zagaria è recluso in regime di isolamento e che sono diventate quattro fittissime pagine di verbale poi consegnate alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. “Ma se è realmente pentito – si legge ancora nella relazione che riporta le parole di Zagaria in carcere – Iovine deve dire tutta la verità, deve narrare anche i misfatti che lo riguardano in prima persona. E restituire tutti i proventi illeciti che sono frutto dei malaffari in cui era coinvolto. Invece questo non lo fa, e per di più gode anche dei benefici previsti dalla legge… Io non ho alcuna intenzione di pentirmi: perché un vero pentito deve restituire tutto, anche le mutande se non se le è guadagnate in maniera onesta….Citando i giudici Falcone e Borsellino – scrive ancora l’ispettore – Zagaria menziona il pentito Giovanni Brusca (il mafioso che schiacciò il pulsante del telecomando che scatenò la strage di Capaci, ndr) e che poi diventò collaboratore di giustizia: aggiungendo che lo Stato, anziché trattarlo come realmente avrebbe meritato un simile criminale, lo avrebbe persino assecondato in alcune coseNel citare la posizione di Antonio Iovine ha affermato che in occasione della realizzazione del centro commerciale Jambo, trovandosi in floride condizioni economiche e non avendo egli bisogno di liquidità, investì parte dei suoi capitali nell’ipermercato”.L’ispettore Pierangelo Lombardi quasi certamente sarà sentito in aula nel processo a Zagaria. ha spiegato di sentirsi perseguito e di non avere fiducia del medico dell’ospedale di Opera dove è detenuto ma anche di “avere particolarmente a cuore una ragazza di circa 14 anni, sua nipote, che considera una figlia, le cui lettere in arrivo verrebbero bloccate dai vertici del penitenziario…Ho il cuore congelato, non voglio più incontrare i miei familiari per non farli soffrire”.
Il super boss si dice convinto che contro di lui sia stata adottata una strategia persecutoria, condita da presunti abusi e vessazioni, il cui unico obiettivo resterebbe quello di indurlo a pentirsi. Cosa che non farà mai. “Quando comandavo io – ha spiegato ancora – a Casapesenna si dormiva con le porte aperte. Certe cose non accadevano: nessuno si permetteva di andare a rubare nelle case o di far sparire le auto, che venivano lasciate con le chiavi inserite nel quadro. Se per strada ci accorgevamo che qualcuno fumava robaccia io stesso, o i miei uomini, lo avvicinavamo e lo picchiavamo, come monito per lui e per tutti gli altri, in modo da far comprendere che certe cose a Casapesenna e sui nostri territori non dovevano accadere.Ma mai ho fatto del male a qualcuno in maniera gratuita. È vero, ho ucciso altri uomini, ma l’ho fatto unicamente perché a loro volta loro volta loro volevano la mia morte”.
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