E’ stato il pentito Domenico Verde, uno degli uomini di punta del clan Polverino, che ha svelato ai magistrati della Dda di Napoli le rotte della droga che dal Nord Africa attraverso la Spagna arrivava in Campania. Ha spiegato Verde: “Negli anni Novanta, quando sono stato per la prima volta in Marocco il trasporto dell’hashish veniva effettuato con l’ausilio di muli. Solo da qualche anno i marocchini si sono modernizzati e il trasporto viene effettuato con camion e auto.Per la realizzare le operazioni di carico è necessario coinvolgere molte persone del posto e si utilizzano diversi segni identificativi sui panetti di hashish che servono a individuare il fornitore”. Queste modalità, ancora oggi, erano utilizzate da Alfonso Mercurio, meglio noto come “Guallarella”, ritenuto tra i promotori dell’organizzazione criminale legato al clan Orlando e sgominata ieri dai carabinieri del comando provinciale di Napoli che ha portato 19 persone in carcere e altre 10 ai domiciliari mentre altre due sono riuscite a sfuggire alla cattura.
La base operativa era un bar di Marano. È lì che si decideva il da farsi. Come deposito della sostanza stupefacente veniva invece utilizzato un locale-garage. Lo scrivono i magistrati nell’ordinanza di custodia cautelare che ha sgominato ieri la parte del clan Orlando dedita al traffico di hashish dal Nord Africa e che nel giro di pochi anni ha ereditato la caratura criminale ed economica del vecchio clan Polverino. L’organizzazione criminale non tralasciava nessun aspetto, proprio come gli avevano insegnato i vecchi boss ora in galera schiacciati da pesanti accuse. Al suo interno vi erano “corrieri”, “assaggiatori” e basi logistiche per gli incontri e gli scambi di informazioni. Tra i “corrieri”, sempre secondo il quadro accusatorio, c’era anche Antonio Dell’Aquila, considerato dagli inquirenti uno degli addetti alla vendita e alla consegna della droga, che trasporta lo stupefacente in altre città, come Frosinone. Poi c’erano gli assaggiatori, coloro che dovevano testare la qualità del prodotto. Tra questi, all’assaggio del narcotico, c’era Davide Iannone detto “O’ parachiatt’”. Oltre al bar altre basi logistiche venivano utilizzate per effettuare gli incontri tra gli associati. Anche in altri due esercizi commerciali avveniva lo scambio di informazioni e l’organizzazione di tutte le fasi esecutive per la cessione e l’importazione dello stupefacente. Gli ingenti quantitativi di droga venivano poi occultati all’interno di un box auto del Parco Primavera. Nelle intercettazioni i giudici hanno rilevato l’utilizzo di un linguaggio criptico per far riferimento alla sostanza stupefacente. “Fatica”, “Fumo”, “Ovetti”. E ancora, “Lg”, “Adrenalina”, “M505”, “Versace”, “Vueling”, “Vento”, “Polline”. C’era quindi un consolidato modus operandi per comunicare in “codice” le trattative in atto. In una intercettazione D’Onofrio così si rivolge a Sepe: “L’appuntamento per le sei e mezza (parla ad alta voce ripetendo il testo di un sms che sta scrivendo)…. Significa che la roba che stavano altri sei chili e mezzo di Lg”. L’organizzazione criminale aveva un complesso organigramma, così ricostruito dal gip nell’ordinanza che ha accolto le richieste della Dda:
Massimiliano D’Onofrio detto ‘Core e Fierro’ e Francesco Sepe erano capi, promotori e finanziatori degli acquisiti e delle cessioni di hashish e marijuana, merce che sarebbe state rivendute al dettaglio. I due organizzavano e gestivano la distribuzione a Marano nella provincia di Frosinone. La loro attività prevedeva anche il deposito e il trasporto di droga, inoltre del denaro per gli acquisti.Alessandro De Luca, Alfonso Mercurio e Angelo Di Maro erano fornitori di grosse quantità di droga, che sarebbe rivendute al dettaglio.Giuseppe Coppeto, Umberto Licciardi, Vincenza Longobardi procuravano clienti agli organizzatori. Nicola Langella era l’intermediario del traffico tra gli organizzatori e il fornitore Alessandro De Luca. Antonio Dell’Aquila era il corriere per la provincia di Frosinone e rivenditore al dettaglio, era rivenditrice al dettaglio anche la figlia Rita. Antonio De Miccoli era il rivenditore al dettaglio sul territorio nazionale, droga acquistata da Antonio Dell’Aquila.Alessandro Castelli, Ciro Conte, Luca De Luca, Giuseppe Granata, Rosa Iacolare e Ivan Piccirllo rivendevano al dettaglio la droga sul territorio nazionale. Davide Iannone era staffettista e rivenditore per la vendita. Dolores Sacco era custode del denaro frutto delle compravendite e dello stupefacente nascosto in un box della sua abitazione. Inoltre custodiva i libri contabili della commercializzazione del narcotico de Sepe e D’Onofrio.Rosario Setaro era il prestanome per l’affitto di un garage utilizzato come deposito della droga e dei vari fornitori. Emanuele e Davide Verdicchio erano rivenditori al dettaglio sul territorio nazionale del narcotico acquistato da Antonio Dell’Aquila.A D’Onofrio e Sepe è stata riconosciuta l’aggravante di aver commesso i reati al fine di agevolare l’attività del clan Orlando-Nuvoletta-Polverino. De Luca, Mercurio e Di Maro erano espressione di questo sodalizio criminale.
Articolo pubblicato il giorno 13 Marzo 2018 - 06:55