Castellammare di Stabia. Un gruppo criminale che nel 2004 ambiva a sostituirsi al clan D’Alessandro nella gestione del malaffare, due omicidi eccellenti in pochi mesi. A chiudere questa vicenda giudiziaria in Appello arrivano due ergastoli per le vicende relative alla faida stabiese, nonostante manchi l’aggravante mafioso. La faida fu innescata dagli Omobono- Scarpa ex cutoliani della prima ora che usciti dal carcere dopo numerosi anni di detenzione agli inizia degli anni duemila cercarono la vendetta nei confronti del potente clan D’Alessandro che avevano vinto la guerra. Fine pena mai per Massimo Scarpa, ‘o napulitano e Michele Omobono detto ‘o marsigliese. Il fratello del primo fu ucciso negli anni Ottanta dal clan D’Alessandro all’interno di un negozio di barbiere in piena centro a Castellammare, un agguato stile Chicago anni Trenta. I due secondo la Dda sono stati identificati come i due capi che tentarono innescarono una guerra senza esclusione di colpi. Ci furono due omicidi eccellenti che dovevano segnare la fine del clan di Scanzano che come l’Araba Fenice riesce sempre a risorgere dalle ceneri. A morire per primo fu, il 23 settembre del 2004, Antonio Martone, il cognato del capoclan defunto Michele D’Alessandro, e all’epoca reggente della cosca Si trovava all’esterno di un bar nei pressi del porto di Castellammare quando si avvicinarono due sicari in sella a una moto e lo crivellarono di proiettili. neanche un mese dopo, ovvero la mattina del 19 ottobre a trecento metri di distanza da dove era avvenuto l’omicidio Martone fu ucciso Giuseppe Verdoliva, 51 anni conosciuto come “Peppe l’autista” perché era stato l’autista del defunto padrino Michele D’Alessandro. Verdoliva fu ucciso mentre stava andando al lavoro di mattina presto in Fincantieri, era dipendente di una ditta dell’indotto. Con lui rimase ferito anche un’altra persona. I giudici della corte d’Assise di Napoli hanno ribadito quanto si era già espresso nelle fasi processuali precedenti e confermato l’ergastolo a Massimo Scarpa e Michele Omobono. Nonostante il contesto fosse chiaramente camorristico non è stato inserito l’aggravante mafioso, condannati quindi per omicidio pluriaggravato con recidiva infraquinquennale. Per gli altri tre imputati a processo sono state ridotte le pene per sopraggiunta prescrizione di reati. Condannato a 16 anni Raffaele Martinelli e Giovanni Savarese, 17 anni e mezzo per Raffaele Carolei. In primo grado erano stati condannati tutti a 25 anni. Raffaele è il cugino di Paolo Carolei, un uomo in passato ai vertici del clan D’Alessandro. Risulta irreperibile da anni, dal 2012 è scomparso. Le tracce si sono perse nella sua abitazione al rione Moscarella e da allora è introvabile.
(nella foto da sinistra Michele Omobono, Massimo Scarpa, Giuseppe Verdoliva e Antonio Martone)
Articolo pubblicato il giorno 22 Marzo 2018 - 10:26