Napoli, cadavere di un pony ritrovato tra i rifiuti nelle discariche sotto al Ponte Fiat nella zona industriale. Il video
Boscoreale – Girava nel suo regno senza alcuna precauzione con la cocaina in mano tra gli isolati e le vedette del Piano Napoli. Si sentiva al sicuro e super protetto. Ma non era così. Fermato, arrestato, processato, condannato.Secondo la Procura doveva finire in galera immediatamente. Soggetto pericoloso del territorio vesuviano. Per il pm della Procura di Torre Annunziata, il pusher Giovanni Padovani, a 26 anni aveva dedicato “la sua giovane vita allo spaccio ed agli affari illeciti ed infatti è stato processato più volte, riportando varie condanne per lo stesso reato. Era la prova che non riusciva a cambiare vita. Per lui non si erano mai aperte le porte del carcere ed era giusto che questa volta fosse quella la sua destinazione”.Il giovane fu arrestato il 9 febbraio quando fu bloccato dai carabinieri ed ammise subito le sue responsabilità. Secondo la Procura non gli doveva essere riconosciuta l’ipotesi dello spaccio lieve ma quella professionale perché il Padovani vive spacciando e spacciando si arricchisce ed arricchisce la criminalità del vesuviano.Il giovane era stato fermato mentre usciva dal suo palazzo nel rione popolare del Piano Napoli con la droga nel palmo della mano. Oltre 20 dosi di crack.Secondo i carabinieri, durante il fermo, erano giunti diversi acquirenti per acquistare droga ma avendo riconosciuto le forze dell’ordine si erano velocemente dileguati. Ci furono momenti di forte tensione tra le forze dell’ordine che stavano operando il suo arresto ed alcuni familiari del arrestato nonché dei conoscenti accorsi quando videro scattare le manette ai polsi del giovane.
Alla fine, il giudice ha dato ragione all’avvocato Gennaro De Gennaro, difensore del giovane pluripregiudicato, sebbene la Procura oplontina avesse chiesto il carcere immediato ed una condanna esemplare per il Padovani, ritenendolo figura apicale di un collaudato sistema di spaccio. Ieri si è celebrato il giudizio abbreviato dinanzi al Tribunale oplontino. Il processo si è concluso con una condanna a due anni e sei mesi di reclusione a fronte dei quattro anni richiesti dalla pubblica accusa. Sospiro di sollievo per il Padovani Giovanni che non solo ha evitato il carcere ma ha riportato anche una minima condanna sebbene avesse molti precedenti e quel cognome “famoso”.
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