Pozzuoli. «Dal 20 novembre la stazione geochimica posta nella Solfatara non ci trasmette più alcun dato. Non sappiamo più nulla della temperatura, della composizione chimica e del flusso di anidride carbonica, elementi che indicano la componente magmatica e le eventuali evoluzioni delle due fumarole di Bocca Grande e Bocca Nuova». Francesca Bianco, direttrice dell’Osservatorio Vesuviano, è preoccupata e non lo nasconde. Il monitoraggio della caldera dei Campi Flegrei, uno dei vulcani attivi più pericolosi al mondo, non è completo di tutti i suoi elementi. L’intera area della Solfatara è sotto sequestro preventivo dal 26 ottobre scorso, su richiesta della Procura di Napoli. Il provvedimento arrivò un mese e mezzo dopo il tragico incidente del 12 settembre in cui persero la vita Lorenzo Carrer, 11 anni, e i suoi genitori Tiziana, 42 anni, e Massimiliano, 45. L’accesso alla zona è interdetto a tutti, compreso il personale dell’Osservatorio Vesuviano.
«Rispettiamo ciò che è stato stabilito dalla procura, che deve fare le sue indagini – dice la Bianco – e non c’è alcuna polemica da parte nostra a riguardo. La nostra è piuttosto una preoccupazione dal punto di vista scientifico, riguardo la possibilità di studio della caldera e delle sue eventuali evoluzioni. Vorrei solo ricordare che nel dicembre del 2012, quando si decise di alzare il livello di allerta giallo di attenzione furono significative proprio le anomalie geochimiche riscontrate allora nella Bocca Grande. Stiamo naturalmente continuando a rilevare i dati dalla fumarola dei Pisciarelli, ma da sola non basta».
La Solfatara è uno dei quaranta vulcani che costituiscono la caldera dei Campi Flegrei. Al suo interno l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia tiene installati, oltre ai sensori geochimici fuori uso da oltre due mesi, anche una telecamera termica ad infrarossi e una stazione sismica e una tiltmetrica. «I dati geofisici da queste tre stazioni continuano ad arrivarci quotidianamente perché sono lontani dalla zona delle fumarole – spiega la direttrice dell’Osservatorio – al contrario degli strumenti geochimici, che invece necessitano di una manutenzione costante. Quasi sicuramente i filtri dei sensori si sono intasati e inquinati, dato che vi passano di continuo i flussi di fluidi, e non riescono più né ad analizzare, né tanto meno a trasmettere alcun dato. In questo modo – lamenta Bianco – si è anche interrotta la serie storica dei dati di monitoraggio. Il nostro personale dal 12 settembre non effettua più alcun rilevamento diretto all’interno del cratere della Solfatara. Ogni mese, tra l’altro, misuravamo anche la temperatura in altri punti fissi che avevamo individuato. E anche su questo non sappiamo più nulla».
Questa situazione trova riflesso nei bollettini dell’Osservatorio Vesuviano sia settimanali che mensili, nei quali da metà novembre non sono riportati più, non essendo disponibili, i nuovi dati né sulle misure di flusso di anidride carbonica né di temperatura del suolo nell’area craterica del vulcano. «Ho fatto due segnalazioni alla Protezione Civile in cui ho spiegato che i nostri dati non sono completi – sottolinea la direttrice dell’Osservatorio – e alla Procura di Napoli ho inviato due lettere con cui ho spiegato la nostra problematica, ma fino ad oggi non ho avuto nessuna risposta. Ripeto, la mancanza di questi dati è per noi rilevante perché non ci consente di verificare l’evoluzione geochimica esatta della caldera».
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