Dopo aver subito già l’onta della sospensione dal servizio sacerdotale per decisione del vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo, ieri don Michele Barone di Casapesenna è stato rinchiuso in carcere con l’accusa di aver perpetrato “su numerose donne – tra le quali la minore T.A. e la giovane C.R. – medievali e brutali riti esorcisti, le cui modalità esecutive hanno concretizzato la realizzazione delle fattispecie incriminatrici della violenza sessuale aggravata e dei maltrattamenti in famiglia”.
E oggi l’Ordine dei Giornalisti della Campania ha sospeso ad horas don Michele Barone, giornalista pubblicista, ed ha avviato la procedura affinche’ il Consiglio di disciplina apra il relativo procedimento disciplinare. Ma l’elenco delle vittime è lunghissimo e porta a una probabile setta di cui il prete sarebbe a capo e che aveva circuito diverse giovani donne, in alcuni casi anche i loro familiari. Tutti tranne N., la sorella maggiore dell’ultima malcapitata che ha denunciato l’orrore. Il provvedimento della Procura per quei fatti emersi grazie al servizio de Le Iene, ha coinvolto anche i genitori delle due ragazze, C. T., cinquantun anni, e la moglie L. C., di quarantotto, finiti agli arresti domiciliari. Stessa misura anche per il poliziotto, Luigi Schettino ritenuto responsabile di aver costretto la sorella della ragazzina esorcizzata a ritirare la denuncia contro il prete e in concorso, anche dei maltrattamenti subiti da T.A., non avendo impedito il protrarsi della condotta criminosa, pur avendone piena contezza.
La triste vicenda ha suscitato le reazioni dei fedeli e la maggior parte delle donne che conosce don Michele Barone si mostra scettica dinanzi al provvedimento di carcerazione: “L’ho visto crescere e non crederei a quanto dicono nemmeno se lo vedessi con i miei occhi”, commenta nervosamente una donna. “È tutto frutto di fantasie ma Dio saprà restituirgli giustizia”, segue un’altra che poco prima si era inginocchiata per quattordici volte davanti alle scene di Gesù Cristo in croce e che ritiene le prove il risultato di un fotomontaggio. “Il suo è un dono e nessuno può sindacarlo né giudicarlo, nemmeno il vescovo può dire se don Michele è in grado o meno di fare esorcismi” – continua l’uomo -. La difesa dei fedeli è forte e agguerrita. Un uomo di Casal di Principe, da tempo vicino a Don Michele dice: “Ne siamo almeno duecento e non ho mai visto niente che potesse farmi immaginare qualcosa di equivoco. Lo hanno sempre salutato tutti con grande affetto e lui non si è mai tirato indietro”. Anche nell’ambiente religioso si registra qualche sgomento. Due giovani suore si precipitano in chiesa dopo avere appreso la notizia dai social manifestando tutta la loro incredulità: “Quando lo abbiamo letto non credevamo ai nostri occhi”, dice la prima religiosa. Viene da Napoli e ha un viso sereno. Al santuario ci dorme e ci lavora, insegnando insieme nella scuola elementare che fa parte del santuario. Un istituto di duecento bambini. “Lo abbiamo incontrato solo la domenica quando veniva a celebrare la messa del pomeriggio”, precisa l’altra suora.
Nello sconcerto malcelato dalle preghiere dei fedeli, nessuno riesce a sostenere il pensiero che il sacerdote, già sospeso da una settimana, abbia usato la sua veste per abusare. “Avrebbero dovuto fermarlo prima, tutti sapevano e anche il vescovo era stato informato”, commenta sottovoce un ragazzo. Tutto però è saltato fuori grazie alla denuncia di una ragazza accusata di trasmettere il demonio alla sorella minore, affetta di disturbi psichiatrici, solo perché omosessuale. “Una storia di caccia alle streghe medioevale che non deve fermare il cambiamento”, sostiene Bernardo Diana presidente dell’Arcigay di Caserta che ha deciso di organizzare, per il prossimo mercoledì, una manifestazione proprio a Casapesenna.
csaIntanto al santuario “Mia Madonna mia salvezza” gli agenti della polizia, dopo avere eseguito gli arresti del sacerdote, dei genitori della minore e del poliziotto, insieme al procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere Alessandro Milita e al sostituto procuratore Alessandro Di Vico, hanno perquisito i locali utilizzati da don Michele Barone portando via documenti e pc. Sono entrati in una stanza con una piccola biblioteca e una postazione computer al cui interno, il prete arrestato era solito custodire fra le altre cose, le lettere indirizzate a lui dai lettori delle riviste religiose di cui è articolista. I poliziotti hanno trovato la porta chiusa a chiave. Don Ciro Francesco Isaia della Piccola Casetta di Nazareth, ha accolto gli inquirenti indicando loro la stanza di don Michele al piano superiore, dove capitava che il prete arrestato accogliesse i suoi seguaci. C’era anche la possibilità di restarci a dormire, ma don Michele non si fermava mai e quando non era in viaggio, viveva a Casapesenna con i genitori. “Glielo dicevamo che non doveva portare gente, ma ci rispondeva che erano degli amici”, racconta don Isaia, “lui era così, aveva la capacità di avere sempre la ragione dalla sua parte e di apparire vittima. Quello che è accaduto ci lascia veramente sconcertati”. Don Isaia, sconvolto dal clamore di questi giorni, si è recato in questura a Caserta, per le operazioni di rito legate alla perquisizione, con don Massimo Mormile, rettore della Piccola Casetta di Nazareth. Anche don Massimo è apparso provato: “È come scoprire di aver avuto accanto una persona totalmente sconosciuta, noi abbiamo cercato di riportare don Michele sulla giusta strada rispetto alle voci che circolavano sulle sue attività esorcistiche, ma mai nessuno ci aveva segnalato eccessi o abusi e chi avrebbe poi mai immaginato un epilogo del genere?”. Don Massimo aveva consultato don Michele dopo il servizio andato in onda delle Iene per chiedergli come fare per la programmazione delle attività ecclesiali che lo vedevano coinvolto e don Michele gli aveva garantito che si sarebbero visti presto, ma poi di lui si sono perse le tracce fino all’arresto. La perquisizione di ieri ha inevitabilmente riportato alla memoria un’altra operazione delle forze dell’ordine: anni fa gli inquirenti effettuarono un blitz all’interno del santuario, alla ricerca dell’allora latitante Michele Zagaria il quale, secondo alcune fonti di allora, si sarebbe nascosto per un periodo nel tempio.
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