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Omicidio di Chiaia, Luca Materazzo sceglie il processo ordinario: rischia l’ergastolo

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Luca Materazzo, 36 anni, unico indagato per la morte del fratello Vittorio e in carcere dopo un anno di latitanza, vuole difendersi e provare a dimostrare di essere estraneo all’omicidio. Dal 28 novembre di due anni fa, giorno in cui l’imprenditore 51enne e’ stato accoltellato mentre rientrava a casa, il 36enne non ha mai parlato per discolparsi. Questa mattina, davanti al giudice per le indagini preliminari Sabella, ha scelto di essere processato con il rito ordinario, davanti ai giudici della Corte d’Assise di Napoli. Luca Materazzo, assistito dagli avvocati Gaetano e Maria Luigia Inserra ha scelto, dunque, di difendersi in un dibattimento che si annuncia lungo e difficile. Sfileranno decine di testimoni tra i quali le sorelle dell’imputato e la moglie della vittima che si sono costituite parte civile. Secondo la Procura di Napoli, il movente dell’omicidio e’ legato principalmente a questioni economiche. Dopo la morte del padre Lucio, il fratello Vittorio aveva bloccato la divisione dell’eredita’ perche’ sospettava che il padre fosse stato ucciso, con sospetti su Luca che viveva con lui. Tra i due fratelli, inoltre, c’erano vecchi dissidi concretizzatisi in una denuncia, poi ritirata, di aggressione che Vittorio presento’ contro Luca. La vittima, un anno prima di morire, chiese per ben due volte in procura, con corposi esposti, la riesumazione del cadavere del padre, cosa poi avvenuta dopo la sua morte. (L’analisi del corpo, in avanzato stato di decomposizione, non fece emergere elementi utili per ritenere che la morte di Lucio Materazzo, ottantenne, potesse essere stata violenta e il fascicolo aperto contro ignoti per il reato di omicidio e’ stato archiviato. L’8 dicembre di due anni fa intanto Luca Materazzo fece perdere le sue tracce. Era stato iscritto nel registro degli indagati, prima, e poi era stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti a fine dicembre perche’ il dna prelevato da indumenti insanguinati e su un coltello trovati tra i rifiuti a poche decine di metri dal luogo del delitto era compatibile con quello di Luca e Vittorio. Proprio sugli esami del dna si focalizzera’ il processo dato che la difesa ha sostenuto sin dall’inizio che quelle tracce non solo sono deteriorate ma soprattuto non hanno la stessa ‘intensita”’ nei diversi oggetti repertati, ipotizzando un complotto ai danni del 36enne. La fuga di Luca e’ terminata poi il 3 gennaio a Siviglia dove si era rifugiato negli ultimi mesi lavorando come cameriere in un ristorante.


Articolo pubblicato il giorno 14 Febbraio 2018 - 13:45

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