“Puoi scegliere: o così oppure fai la vita”. Vita da marciapiede s’intende. Un rischio che cammina di fianco ad Alessandra dalla adolescenza.
Operata due anni fa, oggi è fidanzata e in attesa della sentenza per il cambio del nome all’anagrafe. “Sono una donna forte perché forte è la donna che m i ha cresciuta”, racconta al Corriere del Mezzogiorno riferendosi alla mamma Donatella, guida universale della sua vita.
Ha i capelli lunghi e neri, uno sguardo penetrante e un corpicino invidiabile. Lavora come phonista in un negozio di parrucchiere a Chiaia e ha ricominciato daccapo tante volte, l’ultima quando inaspettatamente dopo aver recitato una parte da protagonista nella seconda serie di Gomorra (nel ruolo di Nina, la fidanzata del boss Salvatore Conte), aveva immaginato di poter continuare a recitare e invece aveva dovuto trovare un altro lavoro.
“Molte mie amiche della comunità Lgbt guadagnavano soldi abbastanza facilmente. Io a casa avevo mamma, una specie di carabiniere in gonnella che mi insegnava a vivere in maniera dignitosa. Mi aiutava a superare la mia diversità, mi sosteneva e ancora adesso lo fa. Un’unica condizione: seguire le regole di casa. Non mi ha imposto nulla, ma mi ha sempre chiesto di scegliere se fare la prostituta o meno” – continua a raccontare al quotidiano -.
Ha seguito un percorso psicologico lungo e faticoso prima di decidere di diventare donna, di sottoporsi all’intervento, di sopportare il peso del cambio di sesso e di identità. Porta il nome che era di sua sorella, morta di cancro a quindici anni. “Un dolore che mi porterò dietro sempre – dice – ma quel giorno in cui andò via, mi dissi che io sarei stata lei e sarebbe morto definitivamente l’uomo che non volevo essere. E quindi l’intervento. Ero terrorizzata, ma era l’unica cosa che volevo: essere donna per davvero, che significa guardarmi allo specchio e non avere cose fuori posto. Volevo un fidanzato che non dovesse vergognarsi, volevo sposarmi. Volevo sentirmi anche fisicamente come mi sono sempre sentita interiormente”.
Servono soldi e anche tanti per arginare liste di attesa, per sostenere le sedute private con lo psicologo, e la famiglia di Alessandra non ne ha mai avuti tantissimi.
“Mia madre si sarebbe venduta anche l’anima pur di rendermi felice. Ha fatto in modo di lavorare di più per darmi di più. Guai però se mi avesse beccata con amicizie poco raccomandabili. Arrivava al punto di farmi seguire, provò anche a mettere una microspia nella mia auto. A lei devo tutto e così sarà sempre. Insieme abbiamo sopportato insulti, vigliaccherie. Abbiamo subito l’onta di sentirci diverse, ma quando puoi tenere la testa alta niente ti fa male”. Ora aspetta la sentenza: “Un’altra battaglia. Un plico di carte bollate infinito, soldi e tempo. Mi chiedo come avrei fatto senza l’aiuto di una donna che al mattino mi tira dal letto per farmi andare a lavorare e lei fa la stessa cosa. Faccio la parrucchiera, ma il mio sogno resta la recitazione. Chissà che non mi ricapiti l’occasione, nel frattempo faccio corsi di aggiornamento. Cerco di arricchirmi professionalmente”.
Una presenza sobria la sua con poco trucco e senza scollature: “il mio fidanzato non me lo permetterebbe, è geloso”. Vive come una ragazza tranquilla che costruisce il futuro, in attesa di sposarsi a maggio. “Niente sprechi, i soldi servono per assicurarci una stabilità economica. Giuseppe, il mio ragazzo ha un anno in meno di me, lavora in un negozio di frutta e verdura. Ha una famiglia che mi ha accolta con grande disponibilità, che gli ha concesso di vivere a casa mia con mamma.”
Con il suo modo di vivere e la sua semplicità, vuole essere da esempio per le tante transgender che subiscono ancora il peso della diversità. Ma il passato, a volte, torna: “Non so spiegare bene, ma è come se vivessi con un handicap. Che non è la diversità, quella è superata. Ma il passato. Mi guardo allo specchio mi vedo e mi sento donna, ma l’uomo che sono stata non si può cancellare. Ecco, c’è il timore e la consapevolezza che qualcosa mi manca. L’altro giorno ero in autobus, davanti a me un gruppo di ragazzini. Per un attimo ho temuto che se avessero capito che ero una trans mi avrebbero preso in giro. Ma neanche mi hanno guardata, quei ragazzi”.
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