Cronaca

Napoletani scomparsi in Messico, la Procura di Jalisco accusa: ‘Raffaele Russo usava un nome falso’

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Uno dei tre italiani scomparsi alla fine di gennaio nello Stato di Jalisco, nell’ovest del Messico, avrebbe utilizzato un’identità falsa, facendosi passare per cittadino messicano. A rivelarlo sono fonti dell’Ufficio del procuratore di Jalisco, che hanno riferito che Raffaele Russo si sarebbe registrato con un falso nome in alcuni hotel e che si faceva chiamare generalmente Carlos Lopez. Secondo le autorita’ messicane, Russo, 60 anni, scomparso insieme al figlio Antonio e al nipote Vincenzo Cimmino, aveva precedenti in Italia per frode e si dedicava alla vendita di generatori elettrici apparentemente tedeschi ma che in realta’ erano stati fabbricati in Cina. La procura locale sospetta che i tre potrebbero essere stati rapiti dal Cartello di Jalisco Nuova Generazione, la piu’ importante organizzazione criminale del Messico. La famiglia dei tre napoletani ha chiesto alle autorita’ italiane e messicane di indagare vicino al luogo in cui sono scomparsi. La procura di Jalisco ha intanto messo sotto inchiesta 33 poliziotti di Tecalitlan, a 700 km da Citta’ del Messico, dove e’ stato localizzato l’ultimo messaggio inviato dai tre italiani scomparsi. In quel messaggio, due di loro avrebbero detto di essere stati fermati dalla polizia locale. Le autorità statali hanno sottolineato le differenze tra quanto riferito dai parenti dei tre scomparsi napoletani a Tecalitlán e le loro attività reali Dopo la scomparsa di tre italiani nella parte meridionale di Jalisco e il presunto coinvolgimento della polizia municipale Tecalitlan infatti, il pubblico ministero ha annunciato che i 33 membri della polizia sono stati disarmati ma non arrestati e che lo Stato si prenderà cura delle funzioni preventive demarcazione. Gli ufficiali saranno obbligati a frequentare le strutture dell’Accademia di polizia a Guadalajara.

La Procura di Jalisco ha anche smentito l’arresto dei tre poliziotti della polizia locale di Tecalitlan coinvolti nella scomparsa dei tre napoletani che si trovavano in quella Regione a 700 chilometri da Città del Messico e di cui si sono perse le tracce da 24 giorni. Ieri dal paese Sud Americano attraverso le agenzie di stampa internazionali era rimbalzata la voce dell’arresto dei tre e della fuga del capitano della polizia locale perché colpevoli di aver fermato prima Raffaele Russo e poi il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino e poi di averli consegnati nelle mani della banda del Cartel Jalisco Nueva Generación. Ma se da un lato la Procura smentisce ci sono i familiari dei poliziotti che intervista dalla Tv messicana si sono lamentati che non hanno notizie dei loro congiunti da due giorni. Un mister sempre più fitto e nel quale continuano a rincorrersi voci e accuse. I familiari dei tre napoletani chiedono chiarezza e parlano di speculazioni da parte delle autorità messicane nei confronti dei tre scomparsi. Continuano a ribadire l’estraneità dei loro familiari con il mondo della criminalità organizzata. Ma in Messico stanno lavorando su eventuali collegamenti tra Raffaele Russo e alcuni narcos di Napoli e provincia arrestati negli ultimi tre anni. Si tratta solo di supposizioni senza prove che stanno creando tensioni e malumori in Italia. La Farnesina continua a mantenere un profilo basso. Ieri è stato arrestato ieri a Guanajuato, nello stato del Queretaro un italiano accusato di vendere generatori contraffatti. Le autorità non hanno diffuso il nome dell’arrestato che, secondo alcuni organi di stampa locali sarebbe della provincia di Napoli ma non avrebbe alcun legame con i tre napoletani scomparsi.


Articolo pubblicato il giorno 23 Febbraio 2018 - 18:09

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