Si alza di nuovo la voce di aiuto da parte dei familiari dei tre napoletani scomparsi in Messico dal 31 gennaio scorso ma i familiari di Raffaele Russo, del figlio Antonio e del nipote Vincenzo Cimmino tengono alta l’attenzione sul caso. “Siamo convinti – dice Gino Bergame’, portavoce della famiglia – che siano rinchiusi in un carcere in Messico. Siamo stati contattati da familiari di altre persone che da tempo non hanno più avuto notizie dei loro congiunti. ”Qualcuno dei familiari – aggiunge – ha anche pensato di raggiungere il Messico ma, a parte la mancanza di diponibilita’ economica, crediamo, vista la reticenza finora mostrata delle istituzioni messicane, che sarebbe un viaggio a vuoto e, forse, anche pericoloso. La nostra unica possibilita’ rimane affidarci alla Farnesina che deve insistere sulla pista che porta al commissariato di Tecalitlan dove, nel giorno della scomparsa, una operatrice ci assicuro’ al telefono che i tre italiani erano in loro custodia”. La Farnesina invita alla prudenza e mantiene il profilo basso. Le fonti diplomatiche stanno lavorando per risolvere il caso. Intanto il clamore delle notizia è arrivata anche in Messico dove le tv e i mass media in generale hanno riportato il caso all’attenzione dell’opinione pubblica messicana Si parla di “situazione molto delicata” ma non aggiungono altro. E l’angoscia e l’ansia dei familiari dei tre napoletani cresce. I tre si trovavano nella zona di Tecaltitlan, nello Stato di Jalisco – una delle aree più a rischio per la forte presenza di bande di criminali. Il primo a far perdere ogni traccia è stato Raffaele: uscito il 31 gennaio dall’hotel nel quale risiedeva con altri quattro napoletani, tutti parenti, e mai rientrato alla base. Subito dopo sono svaniti nel nulla anche il figlio ed il nipote.
Eppure il quadro appare chiaro, nonostante i silenzi delle autorità locali messicane. Vi sono infatti tre messaggi vocali inviati via waths app da Cimmino e Russo junior ai familiari rimasti in hotel che chiariscono la successione degli eventi. Intorno alle 16 (ora locale) del 31 gennaio, infatti, i due giovani – forse ancora inconsapevoli del destino che li attendeva – hanno spiegato di essere stati intercettati e fermati, senza un motivo, mentre facevano rifornimento di benzina a poca distanza dalla località di Tecalitlán – nella regione di Jalisco – a poco meno di 50 chilometri da Ciudad Guzmán.
Ma se questo è vero, perché nessuna autorità di polizia spiega chi, come, perché e dove ha condotto i due napoletani? Ad aggiungere mistero al mistero c’è poi – stando alla versione riferita dallo stesso Daniele Russo e da suo cugino, Gennaro Esposito, che al nostro giornale hanno riferito che le due auto prese a noleggio da Raffaele Russo, da suo figlio e dal nipote (due Honda CRV bianche) – la circostanza a dir poco inquietante del ritrovamento avvenuto solo in tarda serata del 31 gennaio dei veicoli: l’uno affiancato all’altro, con due portiere aperte e – soprattutto – senza più i passeggeri all’interno.
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