Napoletani scomparsi in Messico: un piccolo passo avanti nelle indagini. Si e’ svolto infatti in Messico un primo incontro tra il procuratore dello stato di Jalisco, il pm locale e il responsabile italiano dell’Interpol nel Paese del Centro America su delega della Procura di Roma, per fare il punto sulle indagini relative alla scomparsa di tre cittadini italiani, tutti di origine napoletana di cui si sono perse le tracce il 31 gennaio scorso. L’ultimo messaggio inviato da Raffaele Russo, suo figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino, che in Messico svolgevano attivita’ di import-export di generatori elettrici, e’ stato localizzato nella zona di Tecalitlan a 700 km da Citta’ del Messico. Gli inquirenti messicani, in questa fase, puntano la loro attenzione su appartenenti al cartello criminale “Jalisco new generation” che controlla alcune aree della zona e con cui i tre napoletani potrebbero essere entrati in contatto. Sulla vicenda la Procura di Roma ha avviato una indagine coordinata dal pm Sergio Colaiocco. L’ipotesi avanzata stamane da Cronachedellacampania comincia a farsi strada quindi. Raffaele Russo potrebbe essere entrato in contatto con qualcuno del cartello criminale per vendere i prodotti e quando questi si sarebbe accorto che si trattava di falsi ha pensato a una truffa e potrebbe aver deciso di sequestrarlo. E subito dopo anche i suoi due congiunti che si erano messi sulle sue tracce.
Quindi invece di diventare più chiaro il quadro dell’inchiesta sulla scomparsa dei tre napoletani in Messico diventa ogni giorno più complicato. Non a caso le autorità messicane hanno chiesto all’Italia i possibili precedenti penali di sei cittadini italiani, tra i quali figurano i tre scomparsi dalla fine di gennaio nello stato di Jalisco, Raffaele Russo, 60 anni, il figlio Antonio Russo, 25 e Vincenzo Cimmino, 29, tutti originari di Napoli. A darne notizia è stata la procura messicana. “Abbiamo chiesto i precedenti penali dall’Italia, sia degli scomparsi, sia delle tre persone che si trovavano con loro”, ha dichiarato il procuratore Raul Sanchez Jimenez parlando con la stampa. Uno di loro risulta essere stato arrestato tre anni fa nello stato sudorientale di Campeche, ha aggiunto, sottolineando che a tutta la polizia locale di Tecalitlan è stato chiesto di collaborare alle ricerche e che la polizia di Stato sta garantendo la sicurezza nella città. Secondo quanto dichiarato dalla moglie di Raffaele Russo nei giorni scorsi ai giornali, l’uomo tecnicamente in questo momento sarebbe un latitante in Italia perchè deve scontare una pena diventata definitiva per una vecchia truffa, ma non ha mai avuto a che fare con narcotrafficanti o malavita organizzata. Nel frattempo lo steso procuratore ha sollevato dall’incarico e quindi ha messo sotto inchiesta tutto il corpo formato da 33 agenti della polizia locale di Tecalitlan trasferendoli nel capoluogo di Guadalajara e che l’indagini sono affidate al governo regionale e a quella che in Messico chiamano Forza Unica. Anche la Commissione statale per i diritti umani (CEDHJ), attraverso la SEIDO, ha aperto un registro d’inchiesta ex officio. Il funzionario di stato ha detto che non può dare dettagli delle indagini ma ha spiegato che gli stranieri erano nel paese per affari. “C’è stato un problema commerciale, ma fa parte della segretezza delle indagini (…) Sono rimasti qui prima a Guadalajara…si dedicavano probabilmente alla vendita di impianti di saldatura e diversi strumenti, apparentemente prodotti contraffatti di marchi prestigiosi che vendevano come originali”. Jimenez ha detto che per Rafael Russo sarebbero stati gia’ verificati in passato dei reati di frode e corruzione. L’ambasciata italiana in Messico e la sezione speciale della Procura messicana che indaga sui fatti di criminalita’ organizzata (Seido) lavorano sulla vicenda. Lopez non ha diffuso maggiori dettagli alla stampa per “non pregiudicare la segretezza del processo”, e ha detto che per ora “non e’ contemplata la possibilita’ che ci sia stato un intervento” della polizia municipale di Tecalitlan”, precisando che le autorità “stanno verificando anche quest’ipotesi”. Allora se quello che dice il procuratore è vero è molto più probabile che i tre napoletani si trovino in carcere da qualche parte visto che secondo le autorità messicane avrebbero commesso un reato. Quello che non si capisce è il perché della segretezza e del mistero. E soprattutto della non informazione data alla famiglia e alle autorità italiane presenti in Messico.
Articolo pubblicato il giorno 21 Febbraio 2018 - 15:36