Cultura

Lòngola, il sito archeofluviale e il parco pubblico realizzati nonostante la crisi e le difficoltà operative e amministrative

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Lòngola:la visione del sito preistorico emerso dallo scavo fu davvero coinvolgente. Essa proponeva la facies di un villaggio preistorico lagunare popolato di capanne di giunchi, distribuite su “isolotti” che si affacciavano su canali regimentati da quegli uomini della nostra protostoria attraverso centinaia si pali si legno infissi nel terreno, allora melmoso, impiegati per consolidarne i bordi assediati dalle acque.
Un’opera di bonifica idraulica straordinaria attuata circa milleciquecento anni prima di Cristo !!!
Quegli abitanti della protostoria campana contendevano la terra all’acqua, bonificandola con pietre, rami d’alberi, ossa d’animali e frammenti di ceramica, a migliaia.
Per portarla alla luce, si dovette procedere nello scavo archeologico tenendo costantemente in funzione pompe, che aspiravano di continuo – con delle canne forate infisse nel terreno, dette anche aghi – l’acqua intorno all’area di scavo, divisa in due aree ampie complessivamente circa duemila metri quadrati.
Solo così si è potuto consentire agli operai, agli archeologi e ai tecnici impegnati nei lavori del costoso scavo (…oltre settanta persone al giorno, normalmente, quando non ancora di più !).
Così si è operato, procedendo ad asportare le stratigrafie superiori, più “recenti”, per arrivare a quote inferiori, più antiche, indagando nelle età del Ferro e oltre, fin quasi al Bronzo Antico.
Ci furono anche incertezze e ripensamenti perché si era tutti in frontiera indistintamente, comprese l’esperta archeologa Livadie e la funzionaria archeologa Cicirelli, ma i difficili lavori di scavo procedettero con rare pause.
Si spinsero cioè attraverso i secoli fino a circa tremila cinquecento anni fa.
E fino a circa sette metri dal livello d’acqua del fiume Sarno, il quale sovrastava lo scavo. tanto che in un’occasione lo invase per esondazione, trasformandolo in un lago superficiale. E non era finita…
Però, esaurite le risorse, si perse l’occasione di spingere l’indagine fino al paleosuolo vergine più antico, cioè il livello più antico precedente alla prima frequentazione umana del sito.
La crisi economica globale faceva correre il rischio serio che il sito archeologico protostorico di lòngola fosse ri-sommerso dalle acque di falda.
Bastava solo che si fossero fermate le pompe definitivamente.
Però, come in ogni feuilletton che si rispetti, ci fu il lieto fine.
Scattò all’ultimo momento l’intesa che ha determinato la decisione di salvare il sito, ri-seppellendolo con ogni cura con quintalate di argilla espansa, dopo averlo fasciato di… lenzuola speciali di “tessuto non tessuto”.
Si prospettò la chiusura definitiva del sito di Lòngola e la ipotesi di una ripresa delle attività di scavo… un giorno, chissà quando.

Fu a quel punto che la intera comunità poggiomarinese insorse, in forme civili, protestando la propria delusione.
In effetti, ne aveva le ragioni perché già da qualche anno le Amministrazioni Comunali, quella guidata dal Sindaco Giugliano prima e poi quella guidata da Annunziata, oggi riconfermato, si erano mosse presso la Regione e, attraverso di essa, presso la Comunità europea cogliendo anche qualche risultato.
Fu infatti urbanizzata l’area di accesso al Sito archeologico e attrezzato il lungo fiume con la meritoria iniziativa di Associazioni locali.
Era forse la prima volta – nel quadro delle iniziative regionali – che la urbanizzazione precedeva un nuovo insediamento.
Il passo seguente fu l’indizione di una gara di progettazione del Parco archeologico Preistorico di Lòngola, che si concluse nell’anno 2014.
Siamo ormai all’altro ieri….
La gara fu vinta da un gruppo di progettisti numeroso all’interno del quale militavano un paio di esperti professionisti, gli architetti Federico e Falanga, che già avevano operato per la urbanizzazione e per lo scavo Lòngola.
Il resto è cronaca degli ultimi due o tre anni.
Fu infatti firmata dalla Soprintendenza una concessione ventennale al Comune di Poggiomarino, che divenne così gestore di circa trentamila dei complessivi sessantamila metri quadrati dell’area demaniale espropriata.
Il Progetto – nonostante alcune variazioni volute dalla Soprintendenza al Paesaggio di Napoli – fu inserito dalla Regione tra quelli meritevoli di finanziamento nel quadro della accelerazione della Spesa Pubblica.
Dal finanziamento si passò alla gara e Lòngola fu tra le prime opere completate e finanziate dalla Regione Campania, ora a guida De Luca.
Dal finanziamento, alla gara, alla cantierazione dei lavori il passo fu rapido e, nonostante gli avvicendamenti dei Soprintendenti a Pompei, da Guzzo alla Cinquantaquattro, a Osanna, furono rispettati sostanzialmente i tempi brevi a disposizione. Fu così realizzato quello che oggi ha preso il nome, forse più opportuno, di Sito archeofluviale di Lòngola.
La sua inaugurazione del 10 Febbraio scorso rimarrà negli annali del Comune di Poggiomarino.

Federico L.I. Federico

 3/fine


Articolo pubblicato il giorno 15 Febbraio 2018 - 15:46

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