E’ noto che la eccezionalità del rinvenimento dell’insediamento protostorico del sito archeofluviale di Lòngola deriva anche dal fatto che esso, sia per le caratteristiche sia per la durata, sia l’estensione, ha restituito una quantità eccezionale di dati derivati dalle migliaia di piccoli reperti recuperati.
Questa grande quantità di “small find” a loro volta ha dato la occasione di conoscenze prima mai attinte per la Valle del Sarno.
Il suo passato preromano – cioè campano, per intenderci da subito – era stato indagato soprattutto attraverso le scoperte di tombe e, quindi, attraverso i rituali e i corredi funerari rinvenuti nelle tombe portate alla luce, fin da oltre un secolo fa nei territori della Valle del Sarno.
Furono ritrovamenti importanti per la Storia della Campania ma, prima dello scavo di Lòngola, la vita quotidiana delle tribù vallive, la loro economia di sussistenza, i loro scambi commerciali di beni di consumo e di prestigio, erano fatti e aspetti difficilmente comprensibili, quando non ignoti.
Il sito di Lòngola ha invece conservato le proprie testimonianze attraverso i secoli nel sottuosuolo, grazie al particolate contesto umido e alle dinamiche deposizionali, connesse alla particolare condizione del sito archeofluviale in cui esse giacevano.
Lòngola infatti costituisce un particolare sito archeologico in un contesto anaerobico.
A ciò ha contribuito una presenza elevata di acidi dovuti al Vesuvio, con le sue frequenti fasi eruttive e con le sue coltri di ceneri vulcaniche scarsamente permeabili, quindi idonee a “sigillare” gli strati e i primi orizzonti antropizzati della protostoria del luogo.
Ormai, per esempio, sappiamo che quei primitivi abitanti dell’areale sarnese e nocerino della grande pianura campana si dedicavano prevalentemente all’agricoltura e all’allevamento del bestiame, lasciando alla pesca meno spazio, nonostante la ampia laguna che li ospitava.
I tanti resti ossei rinvenuti a Longola ci hanno “raccontato” poi che l’allevamento del bestiame, costituito da ovini, caprini e suini, affiancava la attività di cacciagione della fauna selvatica stanziale e dei grossi volatili di passo lungo la rete idrografica del Sarno.
E oggi sappiamo anche che la produzione di cereali era già un fatto abituale e che la vite da uva veniva già coltivata nella valle.
Infine, abbiamo scoperto che a Lòngola c’era un operoso villaggio tribale dedito alla lavorazione di attrezzi necessari alla vita quotidiana ma anche alla creazione di beni di prestigio, come collane e monili fatti di conchiglie, di bronzo e di ambra.
Se poi ricordiamo che la preziosa ambra arrivava a Lòngola dai paesi baltici, costituendo un elemento essa un elemento prestigioso per scambi commerciali già allora a dimensione continentale, per un attimo rimaniamo senza fiato, tutti.
E ripensiamo alla grande epopea della Protostoria campana, scritta – anzi riscritta – durante l’ultimo secolo.
Ad essa Lòngola ha dato definitivo lustro e splendore.
Federico L.I. Federico
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