Per la regia di Lorenzo Amato una particolare Traviata sarà allestita dal Teatro di San Carlo. Diretta da Daniel Oren, andrà in scena da martedì 27 febbraio a domenica 4 marzo. Una Traviata particolare per diversi aspetti: oltre all’originalità della chiave di lettura del regista, la messa in scena richiama la più alta tradizione pittorica dell’Ottocento. Le scene di Ezio Frigerio sono interamente dipinte a mano e realizzate dai Laboratori artistici del Teatro San Carlo. “Abbiamo voluto riprodurre uno spettacolo senza artifici avveniristici, senza proiezioni, scegliendo una scenografia dove tutto è affidato alle mani leggere ed eleganti di alcuni artisti – spiega Frigerio – La modernità sta solo nel semplice marchingegno della pioggia. Vera, di vera acqua che costantemente cade dovunque velando di malinconia l’atmosfera e segnando col suo fluire lento il trascorrere di questo dramma”.
Il cast vedrà alternarsi nel ruolo di Violetta Valéry, Maria Mudryak e Francesca Dotto, recentemente sul palcoscenico dell’Opera di Roma per La traviata firmata da Sofia Coppola. Alfredo Germont sarà interpretato da Vincenzo Costanzo e Leonardo Cortellazzi e Vladimir Stoyanov nei panni Giorgio Germont, in alternanza con Fabian Veloz mentre Giuseppina Bridelli sarà Flora. Giuseppe Picone, direttore del Corpo di Ballo del San Carlo, danzerà sulle coreografie di Giancarlo Stiscia.
La regia di Amato è totalmente incentrata sull’irreparabile fuga del tempo e sulla sofferenza, fisica e morale di Violetta: “Concepire e mettere in scena La Traviata non è stato un lavoro preparato a tavolino con lucida razionalità, piuttosto una riflessione sulla malattia, il tempo che scorre via inesorabile, l’amore, la violenza delle convenzioni sociali, l’ipocrisia, il sacrificio e infine la morte. – commenta il regista – Al centro dello spazio scenico, su un fondale trasparente come un vetro, la pioggia scorre implacabilmente per l’intera durata dello spettacolo, filtrando la visione delle grandi tele pittoriche che descrivono gli ambienti. Un elemento che potrebbe essere visto come semplice metafora di una Parigi grigia, fredda e piovosa, ma che per me rappresenta molto di più: straniamento, allusione, stato d’animo, dolore, fino a quell’offuscamento della vista che le malattie particolarmente debilitanti provocano in ciascuno di noi”.
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