“La libertà violata di Attilio ha segnato le nostre vite”. A dirlo Maria Romanò, la sorella di Attilio, vittima innocente di camorra, ucciso nel 2005 per uno scambio di persona. Al fratello “napoletano perbene” é dedicata la Giornata del dialogo per la legalita'”, celebrata nell’istituto superiore di Miano che, dal 2016, é intitolato ad Attilio Romanò. Maria parla tenendo per mano la madre Rosaria. “Lei non é più libera di passare per la strada dove mio fratello é stato ucciso – dice – ne’ di sfogliare un album di fotografie o vestire a colori. Ma ci sentiamo liberi nel racconto della storia di Attilio che ancora oggi può liberare dalla catene delle mafie e guidarli verso la libertà”.
La vittima non doveva essere lui, ma Salvatore Luise, incensurato con la colpa di essere nipote di Rosario Pariante, passato dal clan Di Lauro agli Scissionisti guidati dalle famiglie Amato-Pagano. Invece il 24 gennaio 2005, Attilio Romanò un giovane imprenditore, attivo nel settore della telefonia e informatica al dettaglio, si trovò, suo malgrado, nel posto sbagliato, all’ora sbagliata.
Attilio era socio di Salvatore Luise di un negozio di telefonini, in via Napoli a Capodimonte al civico 24. Amici da sempre, i due avevano deciso di aprire un’attività che poi risulterà fatale al povero Attilio. Il sicario entra e spara contro l’uomo dietro il bancone. L’unico presente nel negozio, poco importa se il nome non è quello dell’elenco della morte. Muore così Attilio Romanò, innocente ammazzato per errore dal clan Di Lauro in guerra con gli Scissionisti. Muore così perché l’agguato è stato affidato alle nuove leve della cosca di Paolo Di Lauro. I giovani, i “ragazzi” inesperti che ubbidiscono agli ordini di Cosimo e Marco Di Lauro. Che sparano senza neanche accertarsi di aver di fronte la persona giusta.
Una serie di colpi di arma da fuoco spezzarono per sempre la sua giovane vita e l’intero futuro che gli si prospettava davanti, dopo il matrimonio avvenuto appena 3 mesi prima. Attilio abitava a Miano, dove oggi si è tenuto il convegno in sua memoria.
Per quel delitto ed al termine di lunghe indagini, nel giugno 2010 si giunse all’arresto di Cosimo Di Lauro, mandante dell’omicidio e Mario Buono, esecutore. Entrambi, al momento della notifica delle ordinanze di custodia cautelare si trovavano già in carcere: il primo in relazione alle indagini in corso sulla faida, il secondo già condannato all’ergastolo per un altro delitto clamoroso, quello di Nunzio Cangiano. La terza ordinanza era per Marco Di Lauro, fratello di Cosimo e latitante oramai da 14 anni circa. Contro Mario Buono , nel corso delle indagini, pesò anche la testimonianza di un pentito che lo indicò come il responsabile dell’omicidio Romanò. Nel giugno del 2015 è arrivata la sentenza definitiva da parte della Cassazione per il killer: fine pena, mai.
Articolo pubblicato il giorno 3 Febbraio 2018 - 12:24