Napoli. Alfredo Romeo e il suo collaboratore Ivan Russo a giudizio per corruzione: è stata accolta la richiesta di giudizio immediato per l’imprenditore accusato di aver pagato tangenti per ottenere appalti per la sua società. Il processo comincerà il prossimo 10 aprile davanti alla prima sezione del Tribunale di Napoli, insieme a Romeo vi sarà il suo collaboratore Ivan Russo. Arriva a dibattimento, dunque, il procedimento rimasto alla Procura di Napoli sul quale hanno indagato i pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Francesco Raffaele. E’ un filone dell’inchiesta Consip quello che vedrà alla sbarra per corruzione l’imprenditore Romeo e i suo collaboratore.
E’ l’inchiesta ‘napoletana’ quella per la quale la Procura di Napoli ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio di Alfredo Romeo. Le ipotesi di corruzione e frode in pubbliche forniture, ben otto, sono tutte riguardanti il filone che ha coinvolto anche il manager del Cardarelli, Ciro Verdoliva, poi scagionato dal Riesame. I presunti episodi corruttivi riguardano, in particolare, favori e regali a un ex dirigente e a dipendenti del Comune di Napoli e ad altri pubblici funzionari, tra cui una della Soprintendenza di Roma. All’imprenditore e’ contestata anche una frode in pubblico servizio relativa al servizio di pulizie all’ospedale Cardarelli. Regali che servivano, secondo la Procura di Napoli, a ottenere appalti del valore di svariati milioni di euro. L’inchiesta sull’appalto per il servizio di pulizie del Cardarelli era emersa gia’ un anno prima con una perquisizione negli uffici dell’ospedale ed era a sua volta scaturita da una indagine anti camorra condotta dalla Dda di Napoli. Nel decreto di perquisizione si faceva un accenno alla indagine che aveva fatto venire alla luce “acclarati collegamenti e rapporti tra le maestranze della Romeo Gestioni ed esponenti della criminalita’ organizzata”, in particolare dei clan attivi della zona collinare. L’inchiesta, che ha portato alle misure oggi, riguarda tre diversi filoni di ipotesi corruttive, relativi ad appalti riconducibili all’ospedale, al Comune e alla Soprintendenza per i beni culturali di Roma. L’indagine e’ svolta congiuntamente dalla Dda e dalla sezione reati contro il patrimonio della procura partenopea.
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