Galeotto fu Renzi, raccontano nelle “segrete stanze” di palazzo. Sì, proprio l’ex picconatore. Quello del “c’eravamo tanto amati”. Pietro Langella, senatore del gruppo Ala (Alleanza LiberalPopolare Autonomie) e fino a pochi giorni fa una delle colonne portanti della “stampella verdiniana” al governo del leader dem, è tornato alla casa madre. Eletto con Forza Italia – sia pure da indipendente del Movimento Popolare Campano, il suo partito (ben radicato sul territorio vesuviano) – l’ex assessore provinciale della giunta Cesaro, forte dei buoni rapporti che lo hanno sempre legato al segretario Lorenzo Cesa, è rientrato nei ranghi dell’Udc, schieramento con il quale aveva iniziato l’ascesa nella politica che conta, spiccando il volo da piazza Matteotti fin dentro l’aula di palazzo Madama.
Langella, racconta chi lo conosce bene, ha tentennato fino all’ultimo prima di fare il passo alla rovescia. D’altronde non è facile mollare un progetto, quello messo in piedi dall’ex plenipotenziario del Cavaliere, nel quale si è fortemente creduto. Al punto da rinunciare alle avances di ricandidatura che pure gli erano state proposte da più parti (si sussurra finanche dai centristi della Lorenzin). “Si va avanti fino alla fine”, era stato un po’ il mantra che aveva caratterizzato le mosse dei verdiniani convinti che il loro capo, alla fine, avrebbe spuntato il fatidico apparentamento con il Pd renziano.
Le cronache politiche, invece, hanno raccontato una storia ben diversa: Matteo Renzi non solo ha scontentato la minoranza orlandiana del suo stesso partito, ma ha anche scaricato lo sgradito compagno di viaggio Denis (lo stesso che pure gli aveva salvato il governo tante volte in Aula con il voto dei suoi senatori), provocando così, il “rompete le righe” di Ala.
Per il senatore originario di Boscoreale, a quel punto, non è stato difficile scegliere dove riposizionarsi. In fondo lui che viene dall’esperienza democristiana, non ha mai nascosto di essere un “centrista” convinto, e tante volte, anche in Senato, si è espresso in dissenso col suo stesso gruppo, non condividendo talune scelte che gli apparivano come “troppo di sinistra”. Sarà un caso se nel logo del suo Movimento ha fatto apporre anche la scritta “il vero centro”?
In fondo, ha sempre replicato lui a quanti, in passato, lo accusavano di aver cambiato troppe volte casacca, “io non mi sono mai mosso dal centro. Sono gli altri che si sono spostati”. Ed ecco che la scelta dell’Udc è apparsa come la più naturale in questa travagliata fase politica.
Il parlamentare vesuviano ha così riabbracciato Cesa il quale, candidato alla Camera nel collegio uninominale di Nola (in pratica quasi sull’uscio di casa dell’oramai ex senatore verdiniano), gli ha steso davanti tappeti rossi. D’altronde anche ad un inesperto di cose politiche appare chiaro quanto sia importante aver incassato l’appoggio di Langella, in un collegio in cui il centrosinistra può contare su un big del calibro di Mario Casillo (Dem), compaesano, tra l’altro, proprio di Langella. Un appoggio che potrebbe preludere anche ad una simbolica staffetta in vista delle elezioni, tra un anno, per il parlamento di Bruxelles.
Cesa, ricordiamolo, è eurodeputato uscente ed in caso di “promozione” a Montecitorio, potrebbe anche decidere di sponsorizzare la candidatura “europea” del suo “nuovo” “grande elettore”. Solo ipotesi, va detto. Tutte ancora da verificare ma anche, eventualmente, da smentire. Intanto sabato mattina all’hotel Imperiale di Terzigno andrà in scena la prima significativa tappa del riavvicinamento di Langella all’Udc: un incontro elettorale. Ospite d’onore, manco a dirlo, Lorenzo Cesa.
Articolo pubblicato il giorno 15 Febbraio 2018 - 12:48