Scafati. Scambio di voto politico- mafioso: il procuratore generale della Cassazione chiede di arrestare Angelo Pasqualino ALiberti, Luigi e Gennaro Ridosso. Si è conclusa da poco l’udienza, dinanzi alla Corte di Cassazione, per i tre indagati sui quali pende una richiesta di arresto per scambio di voto politico mafioso per le amministrative del 2013 a Scafati e le Regionali del 2015, che hanno visto l’elezione del sindaco Angelo Pasqualino Aliberti e della moglie Monica Paolino.
La Corte ha dato atto del deposito di una memoria del sostituto procuratore Vincenzo Montemurro, della Procura antimafia di Salerno, con la quale si chiedeva il rigetto del ricorso della difesa di ALiberti. Sono state esaminate, invece, dai difensori dei tre indagati per posizioni per i propri assititi. La difesa di Aliberti, rappresentata dall’avvocato Silverio Sica al quale si è aggiunto il noto penalista Giovanni Aricò, ha rilevato che la Procura ha ‘nascosto’ fino alla fase del secondo Riesame elementi a favore degli indagati e in particolare di Aliberti, in quanto solo nel corso dell’ultima udienza dinanzi al tribunale del Riesame di Salerno è stata depositata una intercettazione telefonica – captata tra il 2013 e il 2015 – nella quale si evincerebbe un rapporto di ‘non amicalità’ tra esponenti del clan Ridosso e il politico scafatese. Questo per la difesa farebbe cadere l’ipotesi che, già nel 2013 vi sarebbe stato un patto ‘do ut des’ tra le parti e cioè voti in cambio di favori. Questo uno degli elementi principali che farebbe vacillare il quadro di gravità indiziaria nei confronti di Aliberti e dei cugini Ridosso. Andrea Sciarrillo, avvocato difensore di Gennaro Ridosso, in sostituzione dell’avvocato Dario Vannetiello, ha ancora una votla sottolineato la mancanza di elementi che fanno ritenere la sussistenza delle esigenze cautelari. In particolare, nell’ordinanza del Riesame non non ci sono – secondo la difesa – nuove prove a riscontro dell’annullamento dell’ordinanza disposto dalla Cassazione nel 2017. Gennaro Ridosso è accusato di aver preso parte al patto politico- mafioso nel 2013, una condotta che non si è potuta ripetere nel 2015 visto che il pregiudicato era già detenuto. E sempre secondo la difesa l’unico sostegno alla richiesta di arresto portato dalla Procura sarebbe un’ordinanza cautelare nei confronti di Gennaro Ridosso per reati di associazione per delinquere e estorsione nella quale non si richiama il reato di scambio di voto politico-mafioso.
Il Procuratore generale della Cassazione, contrariamente a quanto fatto la scorsa volta, ha chiesto che venissero rigettati i ricorsi di tutti e tre gli indagati e dunque di dare corso all’ordinanza di custodia cautelare, in carcere e ai domiciliari, emessa dal Tribunale del Riesame a settembre scorso.
I giudici depositeranno il provvedimento in serata dopo aver valutato gli elementi offerti da accusa e difesa e quelli ribaditi dal Riesame. Nel caso la Corte rigettasse i ricorsi per Aliberti si spalancherebbero le porte del carcere, Luigi Ridosso è già detenuto. Mentre a Gennaro Ridosso sarebbe applicata un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, ma anch’egli è già detenuto per altro.
Rosaria Federico
Articolo pubblicato il giorno 23 Gennaio 2018 - 13:00