Cronaca Giudiziaria

Omicidio del tatuatore: fine pena mai per il boss Abete e Aprea

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Omicidio del tatuatore di Casavatore, Gianluca Ciminiello la Dda chiede il fine pena mai per il boss Arcagnelo Abete e per Gianluca Aprea, uno dei due esecutori materiali dello spietato delitto. La pm Gloria Sanseverino nell’invocare il massimo della pena per i due ha voluto anche ribadire che  “Gianluca Cimminiello era un ragazzo perbene, un lavoratore la cui unica sfortuna è stata quella di incappare nel parente di un capoclan. E’morto da innocente. Questo omicidio merita una particolare attenzione, non soltanto perché ci troviamo di fronte a un’esecuzione spietata, ma anche perché ad andarci di mezzo è stata una persona del tutto estranea agli ambienti e ai circuiti criminali. Cimminiello era un ragazzo perbene, un lavoratore che ha avuto la sola sfortuna di possedere una forza fisica non indifferente e di essersi incappato in un parente di un capoclan”. Per l’omicidio è stato condannato all’ergastolo nei mesi scorsi Vincenzo Russo ‘o lungo, uomo degli Abete. Gianluca Ciminiello fu ucciso il 2 febbraio 2010 sull’uscio del suo negozio di Casavatore dove alcuni giorni prima si era presentato  Vincenzo Noviello cognato del boss Cesare Pagano.  Noviello voleva costringere  Ciminiello a far rimuovere la foto postato sul profilo facebook che lo ritraeva in compagnia del calciatore del Napoli, Lavezzi, al qiuale aveva fatto un tatuaggio. Ma Noviello ebbe la peggio perché il ragazzo di Capodichino era esperto in arti marziali. Ha raccontato in un recente verbale Gennaro Notturno, ‘o sarracino, uno degli ultimi pentiti in ordine di tempo della camorra di Secondigliano e Scampia: “Il tatuatore conosceva una persona che lavorava al forno del lotto Tb, si mise in mezzo per calmare questa situazione, per non farla andare oltre. Aveva chiamato – riferisce il pentito – mio cugino Raffaele Aprea, così da evitare che potessero sorgere altri problemi. Ma fu tutto inutile. Russo fu chiamato a Milano da Arcangelo Abete e partì con Ciro Abrunzo. Arcangelo Abete – conclude il pentito Gennaro Notturno – voleva fare un favore a Cesare Pagano, dando una lezione al tatuatore per la “mancanza” che aveva avuto contro suo nipote”. Carcere a vita quindi per tutti i protagonisti di questa assurda morte. Ribadita  quindi l’estraneità dalla camorra di Cimminiello, al quale lo Stato non ha però ancora riconosciuto lo status di vittima innocente, il pubblico ministero ha messo l’accento su un ultimo aspetto: “In questo processo, oltre ai collaboratori di giustizia, sono stati per una volta fondamentali anche i testimoni”.


Articolo pubblicato il giorno 20 Gennaio 2018 - 08:02

La Redazione

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