Cronaca Giudiziaria

Napoli, il baby boss ‘Robinù’ arrestato e condannato: in carcere

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Napoli. Il ‘Robinù’ delle Paranze, il baby boss protagonista del docufilm del giornalista Michele Santoro è stato arrestato per spaccio in carcere. A scoprirlo il cane antidroga della polizia penitenziaria del carcere di Secondigliano e per Mariano Abbagnara, il baby boss del quartiere Conocal di Ponticelli, passare dal carcere al carcere è stato un attimo. Dopo l’udienza di convalida è stato condannato a sei mesi di reclusione per spaccio.

Il detenuto è stato perquisito dagli agenti della Penitenziaria mentre transitava nei corridoio del carcere di Secondigliano per recarsi al passeggio con i compagni di cella e nascosti negli slip aveva 50 grammi di hashish.
E’ stato arrestato in carcere per detenzione di stupefacente finalizzato allo spaccio, aggiungendo alle sue imprese da fenomeno della criminalità (è stato anche protagonista di una rivolta in carcere) anche quello dello spaccio tra le mura dell’istituto di pena. Stamane si è tenuta l’udienza di convalida dell’arresto, nella quale il pm ha contestato ad Abbagnara il reato di detenzione e spaccio di stupefacenti aggravata dalla circostanza di aver ceduto la droga all’interno del carcere. Convalidato l’arresto, in sede di giudizio direttissimo, Mariano Abbagnara – su suggerimento del suo difensore l’avvocato Dario Vannetiello – ha definito il procedimento con rito abbreviato. Il pm ha chiesto la condanna ad un anno di reclusione per l’imputato ed ha chiesto al giudice di applicare la misura della custodia cautelare in carcere,sostenendo che Abbagnara meritasse la severa misura del carcere per la gravità della condotta posta in essere nonché la sua negativa personalità, essendo gravato sia da una condanna per omicidio a 16 anni di reclusione, sia da una ordinanza di custodia cautelare per associazione camorristica quale elemento di spicco del clan D’Amico, sia perché si rese protagonista anche di una rivolta in carcere. Infatti, il baby killer – detenuto nel carcere minorile di Airola per l’omicidio di Canfora Raffaele – fu a capo di una rivolta, cui seguirono devastazione delle celle e lesioni agli agenti intervenuti a sedarla.

Dopo un’articolata arringa difensiva Vannetiello il giudice ha ritenuto che lo spacco fosse di lieve entità ed ha condannato Abbagnara alla pena di sei mesi di reclusione. Il Tribunale ha condiviso quanto sostenuto dal difensore dell’imputato circa la inapplicabilità della custodia cautelare in carcere, rigettando in toto la richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere formulata dal Pubblico Ministero.

Per Abbagnara a breve si aprirà un altro capitolo della sua già travagliata e combattuta storia giudiziaria. Infatti, dopo il secondo annullamento disposto dalla Suprema Corte di Cassazione in accoglimento dei ricorsi proposti dall’avvocato Dario Vannetiello, si dovrà discutere per la terza volta innanzi al Tribunale del Riesame di Napoli onde stabilire se sussistono o meno i gravi indizi in ordine alla appartenenza di Abbagnara al clan D’Amico. Nel frattempo il processo di merito al clan D’Amico è in piena fase dibattimentale con udienza fissata giovedì prossimo innanzi al Tribunale di Napoli – I sezione penale.


Articolo pubblicato il giorno 9 Gennaio 2018 - 17:45

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