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Morta in ospedale dopo un intervento nota pasticciera di Torre del Greco

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E’ morta dopo diciassette giorni di reparto rianimazione presso l’ospedale Ascalesi, Gina Fiordigiglio. Il 20 ottobre scorso la titolare della nota e apprezzata pasticceria del centro di Torre del Greco lascia tre figli e diversi nipoti. Aveva sessantun anni e per il suo decesso sono, da ieri, indagati il primario del reparto di urologia dell’Ascalesi e quattro membri della sua equipe che hanno eseguito l’intervento. La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo e, secondo le informazioni in possesso dell’avvocato della famiglia della donna, Antonino Baldinelli, a breve sarà depositata l’ esito dell’esame autoptico. Dopo vari accertamenti, a causa di problemi all’apparato urinario, Gina, come ricostruisce Il Mattino, solo alcuni mesi fa aveva scoperto di essere nata senza uretere. I medici le avevano perciò indicato un intervento di giuntoplastica per l’inserimento dello “stent ureterale”, in pratica un tubo artificiale. Il 2 ottobre la donna è stata ricoverata e si è preparata all’intervento del giorno successivo, eseguendo tutti gli esami necessari che avevano tutti rivelato esito positivo.
“Il 3 ottobre mia madre è entrata in sala operatoria alle 8.30 – ha raccontato a Il Mattino, la figlia Teresa – ed è uscita alle 22.00, in fin di vita, trasferita immediatamente in sala rianimazione. In tutte quelle ore è successo l’impossibile: le saranno state fatte oltre venti trasfusioni di sangue e, a un certo punto, abbiamo visto altri medici entrare in sala operatoria. Noi sapevamo che stava accadendo qualcosa di molto strano. Ma quando il medico è uscito ci ha detto che sono cose che succedono. Dopo diciassette giorni è morta e il dottore che l’ha operata – accusa Teresa – in tutto questo tempo non si è mai più fatto vedere da noi, usciva dall’ospedale attraverso la porta sul retro”. E continua: “Sul corpo hanno trovato segni di un’importante emorragia, probabilmente per errore è stata recisa una vena principale. Vogliamo giustizia: non si fanno gli esperimenti sulla pelle delle persone, se quella equipe non era capace di eseguire l’intervento doveva lasciare spazio ad altri. Ora vogliamo giustizia”.


Articolo pubblicato il giorno 16 Gennaio 2018 - 09:08

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