i gioielli del marhaja
Una teca aperta con la stessa facilita’ di una scatoletta e un allarme pilotato in modo da scattare con il ritardo necessario per garantire ai ladri la fuga. Cosi’ una banda di almeno due persone e’ riuscita a Venezia a farsi beffe dei sistemi di sicurezza di Palazzo Ducale, rubando da una teca della sala dello Scrutinio una coppia di orecchini e una spilla in diamanti, oro e platino esposti in occasione la mostra “Tesori dei Moghul e dei Maharaja”. Gemme e gioielli indiani antichi di secoli di proprieta’ dello sceicco Hamad bin Abdullah Al Thani, cugino dell’emiro del Qatar, esposti per la prima volta in Italia. Preziosi del valore doganale di 30 mila sterline ma che gli esperti valutano per la loro importanza storica svariati milioni di euro. L’allarme e’ suonato alle 10 del mattino, piu’ di un’ora dopo l’apertura, e istantaneamente i due accessi al palazzo sono stati sigillati. Eppure, quando la Polizia e’ arrivata, dei ladri non c’era gia’ piu’ traccia.
A giocare un ruolo fondamentale in uno dei furti piu’ clamorosi mai avvenuto nella citta’ lagunare e’ stata la tecnologia. I ladri, conferma il questore Vito Gagliardi, avevano conoscenze dei sistemi di sicurezza “altamente sofisticate” che hanno permesso “di aprire la teca senza romperla”, mescolandosi ai turisti che affollavano la sala nell’ultimo giorno di apertura dell’esposizione. Ma soprattutto di silenziare il sistema d’allarme considerato all’avanguardia a livello internazionale e messo a punto dallo stesso collezionista, facendolo scattare con precisione cronometrica solo a cose fatte. Beffa delle beffe, l’impianto di videosorveglianza ha immortalato i ladri mentre uscivano tranquillamente da uno dei due varchi di accesso di Palazzo Ducale, allontanandosi senza colpo ferire da Piazza San Marco. Ogni fotogramma delle telecamere viene in queste ore scandagliato dagli uomini della squadra mobile e della polizia scientifica di Venezia con il coordinamento dello Sco di Roma alla ricerca di elementi utili alle indagini. Il sospetto e’ che un colpo del genere possa portare solo la firma di una banda internazionale altamente specializzata che abbia compiuto un sopralluogo accurato prima del furto. Una azione, si ritiene, messa a segno su commissione, anche se i gioielli, proprio perche’ famosi, sono difficilmente piazzabili e possono trovare collocazione sul mercato illegale solo se ridotti a semplici gemme.
La Fondazione Musei Civici di Venezia, organizzatrice dell’evento, stoppa qualunque responsabilita’ sull’accaduto: i preziosi, sottolinea, erano custoditi in una vetrina facente parte dell’allestimento, progettato dalla Fondazione Al Thani e gia’ utilizzato in alcune tappe precedenti dell’esposizione come quella della primavera scorsa al Grand Palais di Parigi.
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