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Camorra, blitz contro il clan Fontana a Castellammare: 8 arresti

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Blitz anti camorra della polizia a Castellammare contro il clan Fontana i cosiddetti “fasani”. In manette sono finiti 8 esponenti della famiglia che ha il suo quartiere generale nella zona degli chalet dell’Acqua Della Madonna. tra gli arrestati anche due minorenni. Sono tutti accusati di tentato omicidio e porto di armi e spari in luogo pubblico. Nel luglio dello scorso anno ad Agerola fu ucciso, Antonio Fontana, il fratello maggiore e storico leader dei cutoliani negli anni ottanta a Castellammare. ‘O fasano fu ucciso all’esterno di una pizzeria dove era andato insieme con la moglie ed alcuni amici a trascorrere la serata.

La famiglia Fontana da sempre avversaria dei D’Alessandro è finita più volte nel mirino dei killer. La stessa vittima sul finire degli anni Novanta quando uscì dal  carcere dopo anni di detenzione chiese protezione perchè si sentiva minacciato. Nel 2008 i suoi fratelli Alfonso e Patrice furono oggetto di un agguato da parte del nipote di un boss del clan D’Alessandro per vecchie ruggini. Sia lui sia il fratello Luciano (pentito) condannato in primo grado a 12 anni di carcere, entrò a far parte prima del clan dei falsi pentiti poi in quello degli ex cutoliani stabiesi Scarpa-Omobono con l’intento, non riuscito di spodestare il clan D’Alessandro. In quella stagione di nuova faida ci furono gli omicidi eccellenti di Antonio Martone, cognato del defunto padrino Michele D’Alessandro, e di Giuseppe Verdoliva detto Peppe l’autista, storico accompagnatore del  capo cosca morto in carcere. E soprattutto Luciano Fontana ebbe un ruolo determinante in quegli omicidi come poi in seguito ha raccontato da vero pentito, anche se con molte contraddizioni.

Poi nel 2012 il primo storico pentito della famiglia D’Alessandro ovvero il nipote  Salvatore Belviso, uno dei quattro componenti del commando che uccise il consigliere comunale del Pd, Gino Tommasino raccontò agli investigatori che Antonio Fontana ‘o fasano era finito nella “black list” di Enzuccio D’Alessandro, all’epoca unico figlio del defunto  boss in libertà: “Enzuccio seppe anche che io stavo frequentando ancora Mena (si tratta di Mena Fasano nipote di Antonio che poi ha sposato ndr) Una volta prese il mio telefono mentre parlavo con lei e mi disse di andare a prendere una cosa in macchina. Parlarono al telefono, ma non so cosa si dissero…C’erano tre priorità esclusive. Omicidi che dovevamo fare assolutamente. Si trattava di Antonio Fontana per primo, perchè con le sue dichiarazioni aveva fatto arrestare i D’Alessandro. Poi dovevamo eliminare Gennaro Chierchia di Gragnano detto Rino o’ pecorone e infine Raffaele Belviso di Ponte Persica…Era una cosa normale che si dovesse uccidere il padre di mia moglie. Lei ha preso me, io lei. Non le nostre rispettive famiglie…A Gragnano, ad esempio, non potevamo uccidere altre perso- ne se prima non facevamo fuori Chierchia. Stessa cosa all’Acqua della Madonna o a Ponte Persica. Uccidere altre persone fuori dalla lista significava atti- rare l’attenzione sui nostri movimenti” .

 


Articolo pubblicato il giorno 12 Gennaio 2018 - 09:51



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