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‘Basta che fai il nome mio…’, così la Farelli, ‘Brioches’ diceva ai clienti per vendere la droga. LE 4 PIAZZE DI SPACCIO

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La ‘quota rosa’ della camorra aveva un peso importante nelle attività di spaccio di stupefacenti tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli a Napoli. Su quattro piazze per la vendita di cocaina ben tre erano gestite da donne. In un caso e’ coinvolto anche un ragazzino di 14 anni che, su disposizione, della madre vendeva bustine con la cocaina. Il giudice per le indagini preliminari di Napoli Giuliana Pollio, ha ricostruito grazie all’attività investigativa dei carabinieri, il ruolo che svolgevano nell’economia della cosca che aveva basi per la vendita di sostanze stupefacenti aperte 24 ore su 24. Innanzitutto Angela Farelli, detta brioches, che controllava la zona di vico Tre Re a Toledo. Era li’ che aveva creato una vera holding per lo smercio sia di cocaina che di marijuana. Con le Rosa Balsamo, detta Rosettina, la quale gestiva la cassa. Nella piazza lavorava anche la sorella Anna, ex moglie di Salvatore Maggio, ora pentito, con Emilia Lenti, entrambi indagate a piede libero. Quest’ultima era la vicina di casa di Angela Farelli e per i carabinieri faceva da vedetta. A sovra intendere il lavoro c’era la capostipite, Maria Tomei, detta Maruzzella, con il fratello Angelo, entrambi ora ai domiciliari.

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Secondo gli investigatori questa era la piazza più importante. L’attività di spaccio si svolgeva all’interno dello stabile ubicato in Vico Tre Re a Toledo  41, dove l’organizzazione manteneva il “deposito” delle sostanze stupefacenti di pronto impiego, bensì in modo “itinerante”, ossia con consegne di stupefacente a mezzo di corrieri che, in sella a ciclomotori, raggiungevano il cliente nel posto che questi ultimi avevano precedentemente pattuito a telefono con gli organizzatori dell’associazione. Scrive il gip Pollio nelle 157 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare: “Il ruolo di Farelli Angela come capo dell’associazione, emerge dalle numerose conversazioni telefoniche che lei intrattiene sia con i clienti abituali sia con i membri del sodalizio. Il linguaggio criptico e metaforico, utilizzato in entrambi i casi, documenta l’esistenza di una collaudata attività di spaccio di stupefacente, che si avvale di una rete di collaboratori con distribuzione dei compiti e dei ruoli, in modo da ridurre il rischio delle conseguenze penali in caso di scoperta da parte delle forze dell’ordine. Le intercettazioni hanno altresì rivelato la stabile occupazione dei membri del sodalizio, dediti quotidianamente all’attività di spaccio diretta dalla Farelli secondo uno schema di suddivisione dei ruoli e parcellizzazione dei compiti. Parimenti, in caso di richieste di droga da parte degli acquirenti, l’intera contrattazione (spesso confermata dal sequestro dello stupefacente da parte delle forze de li’ ordine) si esaurisce in poche, ermetiche battute, sintomatiche dell’esistenza di pregressi e collaudati rapporti tra le parti”.

Il gruppo capeggiato dalla Farelli e da suo figlio Francesco Valentinelli, riforniva una clientela ormai fidelizzata, avvezza ad ordinare telefonicamente lo stupefacente che veniva recapitato, nella maggior parte dei casi, fino a domicilio. Emblematiche, risultano le conversazioni intercettate nel merzo del 2016 quando Angela Farelli veniva contattata sull’utenza telefonica da Francesco D’Angelo soprannominato “Brigida” che fa intendere di volere acquistare sostanza stupefacente dalla Farelli, che prontamente risponde dicendo di recarsi presso la sua abitazione dove, ad attenderlo, avrebbe trovato suo figlio Francesco. “Basta fare il nome mio per avere quello che devi avere e dare quello che devi dare”, aveva spiegato “Brioches” al telefono al cliente. Ma  dalle intercettazioni si evince in modo assolutamente chiaro, malgrado il linguaggio criptico utilizzato, che l’oggetto effettivo delle stesse è il traffico di stupefacenti. Infatti, negli sms, cosi come nelle conversazioni tra presenti, gli indagati indicavano la sostanza stupefacente del tipo cocaina con i termini”super”, “baci”, “vestitini”, “magliette”, “giacche”, “scarpe”, “palloncini”, “tipi allisciati”, “pizze”, “bollette”. Le piazze di spaccio erano dotate di una cerchia di clienti, per così dire, fidelizzati,per i quali non era necessario ricorrere a parole criptiche per ottenere una consegna, bastando il solo invito a “passare” da lui per far comprendere allo spacciatore quale fosse il numero delle dosi e dove dovesse avvenire la consegna.

La seconda piazza era quella della parte alta dei Quartieri Spagnoli, gestita da Maria D’Amico,  sorella dei frauella del rione Conocal di Ponticelli e sorellastra di Enrico Ricci, considerato il ras dei Quartieri, soprannome fraulella. La donna ha avuto l’obbligo di dimora, mentre il figlio e il marito sono solo indagati a piede libero. Lei e’ ritneuta dagli inquirenti il trait d’union tra la camorra dei Quartieri Spagnoli e quella di Ponticelli, quartiere del quale e’ originaria. Infine la piazza del clan Elia del Pallonetto di Santa Lucia, gestita da Adriana Blanchi, gia’ in carcere per associazione a delienquere di stampo mafioso con una richiesta di condanna a dieci anni di reclusione. La donna era la referente del gruppo, moglie del capoclan Renato. Aveva messo a lavorare il figlio Antonio Michele, agli arresti domiciliari, e un minorenne cui faceva spacciare cocaina. La donna usava come ‘protezione’ dalle forze dell’ordine l’abitudine di vedere droga solo a chi conosceva. Ma nonostante questo e’ stata intercetta e incastrata. La quarta piazza di spaccio sgominata dall’indagine dei carabinieri è quella di Massimo Capasso in via Correra gestito dalla stesso e che utilizzava la moglie Flora Fierro per ricevere gli ordini e il figlio 22 Giovanni per le consegne a domicilio.

(nella foto da sinistra Angela Farelli, Maria D’Amico, Adriana Bianchi)

 


Articolo pubblicato il giorno 31 Gennaio 2018 - 13:31


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