Torre Annunziata. Esiste un “terzo sistema” nella città oplontina, o meglio è sicuramente esistito. E a decretarlo è il tribunale di Torre Annunziata con una condanna per il nuovo gruppo camorristico nato “ai piedi” del Vesuvio. Sono in sette i considerati colpevoli a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, detenzione di esplosivi, porto e detenzione di armi e ricettazione. Sono per la maggior parte giovanissimi e le condanne ammontano a circa 70 anni. La pena più pesante è stata commisurata a Domenico Ciro Perna, 27 anni, ex esattore del clan Gionta e autoproclamato capo del “clan di Domenico”: è stato condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione. Condanna gravosa anche per Antonio Longobardi, 26 anni, nipote di Nicola Balzano, alias “Alfasud” elemento di spicco del clan Gionta tuttora detenuto: per lui la pena è di 10 anni e 8 mesi di reclusione. Pena di 9 anni e 4 mesi ciascuno per il 20enne Gennaro Pinto e Luigi Gallo 27enne, ritenuti tra gli esattori più attivi durante le festività natalizie. Il primo aveva deciso di collaborare con la giustizia ma dopo il primo interrogatorio ha ritrattato tutto. Per Bruno Milite, di 24 anni, 8 anni e 8 mesi di reclusione; mentre per l’altro 20enne Vittorio Della Ragione e per Salvatore Orofino, il più anziano, è arrivata la condanna ad 8 anni di reclusione. Secondo quanto ricostruito dall’accusa il gruppo di giovani leve del clan Gionta aveva deciso di compiere una “scissione” e gestire in autonomia gli incassi delle estorsione. L’Antimafia, infatti, ha ricostruito come Perna inizialmente ritirasse il pizzo per poi consegnarlo alla famiglia dei Paduano. La vera e propria evoluzione del gruppo, però, sarebbe arrivato con la trasformazione in sodalizio camorristico autonomo, grazie all’alleanza con Gaetano Maresca, 30 anni, detto “ ‘o saccaro” , e altri ex ragazzi del Gallo-Cavalieri. Il terzo sistema, dopo un’imponente crescita di incassi, aveva provato ad espandersi e cercare di farsi riconoscere dai clan storici. Un tentativo che, però, non è mai riuscito. Infatti, tra gli episodi ricostruiti, ci sarebbe anche un agguato fallito ai danni di Aldo Gionta, cugino omonimo del «boss poeta» detenuto al 41-bis, poi morto per cause naturali prima di un’ operazione chirurgica.
Articolo pubblicato il giorno 1 Dicembre 2017 - 13:04 / di Cronache della Campania