I Carabinieri del ROS, all’interno della Stazione ferroviaria di Foggia hanno rintracciato e tratto in arresto, in esecuzione di un provvedimento emesso dall’Ufficio Esecuzione Penali della Procura Generale di NapoliI, il cittadino algerino Gasry Yacine, condannato in via definitiva a 4 anni, 9 mesi e 21 giorni di reclusione per associazione con finalità di terrorismo internazionale. Il provvedimento scaturisce dagli esiti di un’indagine avviata dal Ros all’indomani degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 e diretta dalla Procura della Repubblica di Napoli.
Gli accertamenti riguardarono, all’epoca, la rete di supporto logistico al Fronte Islamico di Salvezza (F.I.S.) algerino, attiva in Italia tra le province di Napoli, Caserta, Vicenza e Milano. La rete logistica prendeva il nome dal leader Lounici Djamel, cittadino algerino direttamente collegato ad elementi di spicco del F.I.S. Dalle indagini del ROS è emerso che la rete “Lounici” fosse dedita al traffico di armi di provenienza illecita da utilizzare per gli attentati terroristici dei gruppi armati del F.I.S. e del G.I.A. (Gruppo Islamico Armato) in Europa e in Algeria nonché al reperimento di documenti falsi da fornire ad elementi integralisti che dovevano abbandonare il territorio algerino ovvero ad extracomunitari già presenti in Europa che ne facevano espressa richiesta.
I ricavi delle attività illecite erano destinati a finanziare la struttura eversiva e sostenere le attività lecite ed illecite del F.I.S. in Algeria ed in Europa. Complessivamente, l’indagine aveva consentito di documentare: il sostegno degli appartenenti al sodalizio dell’organizzazione terroristica algerina; l’esistenza di altri soggetti presenti in Campania e in altre regioni d’Italia organici alla medesima struttura eversiva, attiva sul territorio nazionale: la riconducibilità degli indagati al G.S.P.C. algerino (Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento); la disponibilità a sostenere logisticamente e operativamente i gruppi armati operanti in Algeria e prendere parte attiva alle azioni in quel Paese; la ricerca di armi e il procacciamento sistematico di documentazione falsificata a beneficio degli aderenti, nonché di coloro che ne fanno richiesta, a scopo di autofinanziamento; lo svolgimento di intensa attività di proselitismo, finalizzata a stimolare la comunità islamica ad aderire ai vari conflitti armati nel segno della jihad; l’immigrazione illegale in territorio italiano di militanti islamisti, deputati a mantenere i collegamenti con omologhi gruppi operanti in madrepatria ed in altri Stati europei.
Articolo pubblicato il giorno 15 Dicembre 2017 - 10:52