“Caro Mario, la causa di cui ti ho parlato questa mattina riguarda l’impugnativa di decisione del Tribunale di Vallo in materia di separazione… L’appellante – cui tengo – si chiama (….) Udienza 10 gennaio, giudice Belletti. Se puoi, segnala la gravosità per l ‘appellante delle condizioni imposte. Grazie Michele”. “Ok Michele. Ho preso nota e ti aggiorno. un abbraccio. Mario”. Michele e Mario sono colleghi, due magistrati. Michele è Michele Oricchio, all’epoca della conversazione whatsapp, gennaio 2013, era Presidente della Commissione Tributaria del Tribunale di Salerno, oggi Procuratore Regionale della Corte dei Conti. Mario è Mario Pagano, il giudice salernitano arrestato lunedì per corruzione, truffa e al quale è contestato il reato di associazione per delinquere dalla Procura di Napoli. Pagano era il ‘deus machina’ di un sistema di corruzione in ambito giudiziario del settore civile per favorire amici che poi avrebbero ripagato il suo interessamento con del danaro o magari con regali e lavori gratis.
Le conversazioni trovate nella messaggistica del cellulare e nel computer di Pagano, tra i due magistrati, sono inequivocabili tanto che il gip sottolinea “Le conversazioni evidenziano altresì che il Pagano interveniva sulle decisioni della Commissione Tributaria mediante illecita interferenza nell’assegnazione delle cause grazie alla amicizia con il Presidente della Commissione Tributaria, Michele Oricchio, con il quale era solito scambiarsi favori. Tra Michele Oricchio (già Procuratore Regionale della Corte dei Conti in Campania e reggente della Commissione Tributaria Regionale Campana) e Mario Pagano sono stati, accertati ‘contatti che dimostrano una consuetudine di rapporti caratterizzati dal reciproco aiuto nell’illecita attività di condizionamento delle decisioni giudiziarie in favore di persone “amiche””.
Le raccomandazioni chieste a Pagano da Oricchio spaziano però anche in altri campi. Sempre nello stesso anno, nel 2013, il Procuratore chiese al collega un’interferenza ai membri della commissione d’esami per l’abilitazione alla professione di avvocato del distretto di Salerno. Anche in questo caso c’è un messaggio scritto, una mail del 12 marzo di quattro anni fa. “Caro Mario, ti disturbo per chiederti se conosci qualcuno nella commissione di esami di cui all’allegato in quanto c’è la figlia (…) di un mio carissimo vecchio professore del liceo di Vallo che deve sostenere gli orali il prossimo 15 marzo. Grazie. Michele”. Poche ore dopo la risposta, sempre via mail, di Pagano che si mette subito a disposizione: “Conosco praticamente tutti. Comunque venerdì alle 15.00 cerco di essere lì in seduta di persona. Un abbraccio, Mario”. La raccomandazione non è reato, si sa, ma i due magistrati il confine tra il favore, la raccomandazione e la manipolazione di sentenze civili è sottilissimo. Quello stesso giorno quel ‘do ut des’ tra Oricchio e Pagano si concretizza anche in altri ambiti. E’ il giudice arrestato a chiede al collega di un ricorso che pende in commissione tributaria: “sul ricorso di cui ti ho parlato?”. “Caro Mario, venerdì vado in Commissione e provvedo. Ci sentiamo quel giorno. Ciao Michele” risponde l’altro. E ancora Oricchio: “Come abbiamo deciso il ricorso proposto da tale Torre? Grazie. Michele”. La risposta “Accolto perché le cartelle non risultavano notificate”. E poi nelle conversazioni tra i due ritorna la Royal Trophy di Roberto Leone per il quale Pagano chiede un interessamento al Presidente della Commissione Tributaria Michele Oricchio. “Ricorso depositato oggi n.1340/13” scrive Pagano e Oricchio risponde: “Ok Mario. Mi attivo. Michele”. E non mancano gli sfottò tra i due quando dopo aver stabilito rinvii, assegnazioni di cause e interessamenti ai procedimenti degli amici Pagano scrive al collega messaggi del tipo ‘Servo vostro… Baciamo le mani’.
Rosaria Federico
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