Alla moglie divorziata spetta una quota del Tfr del marito. Anche se l’uomo ha ricevuto l’indennità dieci anni dopo lo scioglimento del matrimonio. Un principio ribadito dal tribunale di Torino, che ha ordinato a un agente assicurativo di versare all’ex consorte 94.508 euro più interessi e spese processuali. Di per sé non è una novità. E’ la legge del 1970 a stabilire che il coniuge – se non è convolato a nuove nozze – ha diritto a una percentuale del trattamento di fine rapporto. A stupire, nel caso esaminato dai giudici subalpini, sono due aspetti. Il primo è il tempo trascorso dalla proclamazione del divorzio: un decennio. Il secondo è legato al cosiddetto “onere della prova”: l’agente assicurativo, come si legge nella sentenza, non ha saputo (o non ha potuto) dimostrare che in realtà quei 393 mila euro liquidati dalla compagnia non erano un Tfr, ma una sorta di buonuscita. Se fosse stato così, quei 94 mila euro sarebbero rimasti nelle sue tasche perché la Cassazione, nel 2016, ha affermato che non tutti i denari percepiti da un coniuge devono essere assoggettati al prelievo. Sfuggono, per esempio, i ricavi originati da un’attività di “natura imprenditoriale” esercitata “mediante una complessa e articolata struttura organizzata con vasta dotazione di mezzi e personale”.
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