Il primo cittadino di Pompei, Pietro Amitrano, è tra i d265 sindaci campani che, lunedì scorso, ha firmato il protocollo Minniti per l’arrivo di qualche profugo richiedente asilo da inserire e integrare nella città famosa in tutto il mondo per il suo patrimonio archeologico. E’ bastato questo per far scoppiare un vespaio di polemiche. La decisione è stata accolta molto male dai pompeiani che non hanno perso tempo per dar sfogo a commenti razzisti su Facebook: “Vergogna, pensate prima agli italiani” – si legge. E ancora: “non vogliamo qui i profughi”. Ma Amitrano risponde e lo fa in una lettera indirizzata ai Consiglieri comunali che ha letto in una silente aula consiliare: “Mi vergogno, certo, ma per quello che in queste ore i nostri concittadini stanno scrivendo sui social”. Non usa mezzi termini il sindaco della città mariana e prosegue: “Io non sono e non sarò mai il sindaco di questi razzisti, che pur di alzare il livello di tensione scelgono le stesse parole di Salvini, della Lega Nord, rinnegando le loro origini e la loro storia. Io prendo le distanze da questa gente intollerante e senza cuore, incattivita e ingiusta, e non permetterò che Pompei dimentichi le sue prerogative. Il suo punto di partenza. Io sono il sindaco della Città dell’accoglienza e non farò un solo passo indietro in questo senso. Il razzismo non entrerà nella città di Bartolo Longo fino a che a guidare questa città ci sarò io”.
Ricorda, inoltre, o chiarisce – per quanti non hanno inteso o non hanno voluto intendere -, che nel protocollo “si dice a chiare lettere che le direzioni del Parco Archeologico di Pompei e della Reggia di Caserta intendono avviare progetti sperimentali” rivolti ai cittadini stranieri richiedenti asilo “che, in base ad un’adesione volontaria e gratuita, potranno svolgere attività di utilità sociale”.
E tra i duecentosessantacinque comuni che hanno aderito alla proposta del ministro Minniti e del sindaco della Città Metropolitana Luigi de Magistris “c’era una sola città che più di ogni altra aveva il dovere morale, etico, religioso, e politico di firmare quel documento. E quella città è Pompei. La Città di Bartolo Longo”.
“Centocinquanta anni fa – scrive il sindaco – un signore, cui il Papa ha riconosciuto il titolo di Beato e sul quale è in corso un processo di canonizzazione che lo porterà a diventare santo, portò a Pompei centinaia di ragazzi appartenenti a famiglie disagiate. Con genitori in carcere per reati gravissimi. Siamo stati la prima città ad ospitare i figli dei carcerati. A dargli un’istruzione, e poi un lavoro. Senza stare troppo a pensare che magari quell’istruzione e quel lavoro avrebbe tolto possibilità ai nostri figli. Da quel momento, dopo la grande opera di Bartolo Longo, Pompei è stata e sarà sempre la città dell’accoglienza per eccellenza”.
La solidarietà non ha colori politici, né religioni né status sociali, commenta Amitrano. “Possiamo essere qualsiasi cosa. Uomini di sinistra o di destra. Laici o cattolici, ma in questa città c’è un presupposto inderogabile, imprescindibile, indiscutibile. Noi siamo quello che la storia ha deciso che dovessimo essere: uomini e donne capaci di accogliere chi soffre come fratelli. Alla nostra stessa tavola, senza distinzioni e senza paletti. Ho firmato per questo motivo. E per questo motivo non ho ritenuto nemmeno che questa cosa andasse discussa. Se l’avessimo fatto avremmo tradito prima ancora di cominciare la nostra identità e il nostro orgoglio di essere uomini di fede e di carità, di accoglienza e di tolleranza”.
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