C’era una donna alla guida del mandamento mafioso palermitano di Resuttana: Maria Angela Di Trapani, figlia di un capomafia e moglie dello storico boss Salvino Madonia. Emerge dall’indagine dei carabinieri, coordinata dalla Dda di Palermo, che ha portato all’arresto di 25 persone accusate di mafia, estorsione, favoreggiamento e ricettazione. Dopo i recenti blitz allo Zen, a Borgo Vecchio e a Santa Maria di Gesù, oltre 200 Carabinieri di Palermo, supportati da 2 elicotteri del nono Elinucleo di Boccadifalco, da 5 unità cinofile del Nucleo di Palermo Villagrazia, da militari del 12esimo Reggimento Carabinieri Sicilia e dello Squadrone Carabinieri Eliportato “Cacciatori Sicilia”, su delega della Procura distrettuale di Palermo, stanno eseguendo – nei mandamenti mafiosi di San Lorenzo e Resuttana – un provvedimento restrittivo emesso dal GIP del Tribunale di Palermo nei confronti di 25 persone, ritenute a vario titolo responsabili di associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata, danneggiamento, favoreggiamento personale, ricettazione, tutti commessi con l’aggravante del metodo e finalità mafiosi.
L’indagine ha permesso di “ricostruire gli assetti e le dinamiche criminali delle famiglie mafiose di ”San Lorenzo”, ”Partanna Mondello”, ”Tommaso Natale” e ”Pallavicino/Zen” (tutte appartenenti al mandamento di ”San Lorenzo”) e della famiglia mafiosa di ”Resuttana” (facente invece parte dell’omonimo mandamento unitamente alle famiglie mafiose di Acquasanta e Arenella)”, spiegano gli inquirenti, e di “cristallizzare la storica riconducibilità del mandamento di Resuttana alla famiglia Madonia, evidenziando anche il ruolo ricoperto da Maria Angela Di Trapani, moglie dello storico boss di Resuttana, Salvino Madonia”.
L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Palermo, che all’alba di oggi ha portato all’arresto di 25 persone, ha permesso di “rivelare come Cosa nostra, per quanto depotenziata dai risultati investigativi e giudiziari – dicono gli inquirenti – dimostri ancora la sua perdurante capacità di avvalersi della forza di intimidazione e del vincolo associativo per costringere i commercianti ad accettare l’imposizione del pizzo”.
Articolo pubblicato il giorno 5 Dicembre 2017 - 07:30