Se non c’erano gli uomini, entravano in azione le donne e come “manager del crimine” gestivano il clan. Due le figure al centro del gruppo Troia di San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, due donne arrestate dai carabinieri con altre 35 persone. Immacolata Iattarelli, 55 anni, si faceva chiamare ‘la sindaca’ ed e’ moglie del boss Ciro Troia, detto Gelsomino madre di Francesco e Vincenzo Troia. E’ lei continuamente dedita alla riscossione delle somme dovute o dai commercianti estorti o dai gestori delle piazze di spaccio.
Le conversazioni in carcere con coniuge e figli intercettate dai Carabinieri, chiarissime nel contenuto e riportate nella misura cautelare di 1146 pagine firmata dal gip di Napoli, evidenziano come tutto ruoti intorno alla sua figura e che, come dichiarato dai collaboratori di giustizia, sia lei a dirigere l’organizzazione in assenza dei congiunti tutti detenuti, anche attraverso le decisioni trasmesse da questi ultimi nel corso dei colloqui in carcere. La donna gestisce personalmente la cassa del clan e provvede alla ripartizione dei proventi delle attivita’ illecite tra gli affiliati e al mantenimento delle famiglie dei detenuti, impartisce ordini agli affiliati, si occupa dei rapporti con le altre organizzazioni, in particolare con i Rinaldi, ai quali sono legati anche da vincoli di parentela.
In una delle conversazioni intercettate, e’ Immacolata Iattarelli in persona a contattare un imprenditore di San Giorgio a Cremano imponendogli di andare a Napoli a saldare il conto in un negozio di moda: “Mia figlia ha comprato una cinta da 370 euro e si deve ritirare”. Ma i problemi nella cosca sono tanti e a raccontarli e’ un’altra delle donne arrestate: Concetta Aprea, moglie di Francesco Troia e figlia del boss di Barra, Ciro, detto pont ‘ e curtiello. E’ lei che trasmette i messaggi del marito agli affiliati e che passa soldi sia al congiunto che agli altri sodali. Ma vive un rapporto conflittuale con la suocera: Pero’ quello che non sopporto e’ quando incomincia a far mancare le cose ai carcerati”, dice in una conversazione intercettata al carcere durante i colloqui a maggio del 2010. In un’altra conversazione fa invece riferimento esplicito alle somme percepite per un’estorsione: “l’ha minacciato”.In tempi più recenti la donna viene accusata dalla nuora, Aprea Concetta, di avere esautorato i figli nella direzione del clan assumendo autonomamente ogni determinazione, tra cui quella fortemente criticata dall ‘Aprea, di non mantenere gli affiliati in stato di detenzione.
“Iattarelli Immacolata – scrive il gip- è poi, la protagonista indiscussa di tutte le intercettazioni svolte che conversazioni la coinvolgono sia direttamente che indirettamente: le intercettazioni telefoniche e ambientali all’interno dell ‘autovettura Peugeot alla stessa in uso. Il modo della Iattarelli di distribuire le mesate alle famiglie dei detenuti, trova conferma nei colloqui in carcere di Salvatore Siano, in particolare colloquio del 26 febbraio 2015,
allorquando questi chiede alla moglie se ha ricevuto la mesata dalla Iattarelli. Parimenti il ruolo apicale della donna emerge dai colloqui in carcere di Troia Vincenzo presso la casa circondariale di Napoli Secondigliano, in particolare il colloquio del 29 maggio 2014. Quanto alle intercettazioni telefoniche sull’ utenza in uso all’indagata, la donna sollecita di continuo il pagamento sia da parte delle vittime di estorsione (si pensi alle telefonate con il titolare di un’impressa di pulizia, con un autotrasportatore tenuti entrambi al pagamento del pizzo, oppure alla vera e propria persecuzione del Di Domenico Cosimo, in ritardo con i pagamenti) sia dai capi delle varie piazze di spaccio operanti sul tenitorio di S. Giorgio per conto del clan Troia.
L’indagata riceve i pagamenti e si occupa di preparare le mesate per i vari affiliati, si reca ai colloqui con i figli Enzo e Francesco, ricevendone direttive da riferire all’esterno ad altri affiliati.
Il collaboratore di giustizia Troia Alfredo ha dettagliatamente descritto il ruolo della Iattarelli, definita la vera e propria reggente del clan dopo la detenzione dei figlio. “Da quando ho iniziato a far parte del clan Troia, io dovevo rappresentare mio zio per tutti gli affari del clan, poi riferivo il tutto alla Iattarelli che è la vera reggente del clan in assenza del marito detenuto. La Iattarelli poi porta le imbasciate nel carcere e riceve ordini dal marito. Poi la Iattarelli mi dà disposizioni a me.”
Antonio Esposito
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