Il boss Michele Zagaria soffre la detenzione dura a cui è tutt’ora sottoposto, ma riceveva, comunque, ingenti somme di danaro dai congiunti.
Il flusso di soldi del clan era ingente. I detenuti Michele, Pasquale, Antonio e Carmine Zagaria hanno ricevuto in carcere, dal 2011 al febbraio 2017, 135mila euro in contanti, cui vanno aggiunte le spese di viaggio e pernottamento che i familiari hanno affrontato per recarsi ai colloqui e che sono documentate sulla scorta delle intercettazioni e dei biglietti. Ogni sei mesi ogni nucleo familiare spendeva circa 3.500 euro solo per questi colloqui. Delle esigenze del boss si preoccupavano tutti i fratelli. “Se mi pento io voi andate a lavare le scale”, diceva.
E’ questa una intercettazione emblematica agli atti dell’inchiesta che ha portato in carcere le quattro donne del clan. E’ stata registrata all’interno della sala colloqui del carcere di Milano Opera il 29 maggio 2015 in un incontro tra Michele Zagaria, detenuto al carcere duro, le sorelle Gesualda e Beatrice, e inoltre la cognata Tiziana Piccolo. La conversazione, secondo il gip Federica Colucci che ha firmato l’ordine di arresto, è molto importante perchè in quel periodo, siamo nel maggio del 2015, Michele Zagaria viveva un profondo disagio per la sua carcerazione, tanto da prospettare ai suoi interlocutori l’ipotesi di un pentimento. Lui si rivolge in modo piccato alla cognata, a cui rimproverava taluni atteggiamenti che mettevano in cattiva luce il clan a Casapesenna, e poi alle sorelle, dicendo loro testualmente che una scelta così importante, ovvero di pentirsi, avrebbe costretto le donne ad andare a lavorare: “Nella mia coscienza mi sono pentito, va bene? Ma mi potevo pentire pure in un altro modo, mi sono spiegato? E tu fra sei mesi sai che fai? Vai a lavare le scale”.
Articolo pubblicato il giorno 13 Dicembre 2017 - 12:30