E’ uno dei principali accusatori della cosca dei Troia smantellata ieri da un blitz ordinato dalla Dda di Napoli e che ha portato all’emissione di ben 40 ordinanze di custodia cautelare.Alfredo Troia da circa tre anni sta collaborando con lo Stato insieme con la moglie Maria Grandulli. Molte delle dichiarazioni dei coniugi sono contenute nelle 1146 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Giuliana Pollio e rappresentano uno vero e proprio atto di accusa nei confronti dei suoi familiari e in particolare della zia, Immacolata Iattarelli, moglie del boss boss detenuto Ciro Troia detto Gelsomino. Ha messo a verbale il pentito: “Voglio adesso dire tutta la verità perché mi sento più tranquillo e mi sento tutelato e riferirò sempre e solo la verità dei fatti. Quanto all’episodio suindicato, i fatti si sono verificati in questo modo.
Venni chiamato da mia zia Iattarelli Immacolata, per il tramite di sua nipote Valeria, che mi doveva fare l’imbasciata. Mia zia mi disse che mi sarebbe stata data una cosa da una persona che io dovevo conservare. In particolare poi mia zia mi disse che Gennaro Ferrara verso le due – due e mezzo del pomeriggio mi avrebbe portato un ‘arma che io avrei dovuto occultare e che poi sarebbe stata utilizzata per “fare una cosa là dietro”. Io, anche se ero contrariato, non volli dire di no perché non volevo creare contrasti con mia zia che già non poteva ben vedere la mia compagna. Intorno alle tre del pomeriggio venne Gennaro Ferrara che, dopo avermi chiesto se mi era stata fatta l’imbasciata da mia zia, avuta risposta affermativa mi consegnò una pistola calibro 45 contenuta in una busta.
Io la occultai nel mio giardino. Verso le sei – sei e mezza venne Parisi detto Cibò, che io già conoscevo, e che mi disse se Gennaro mi aveva fatto l’imbasciata, io dissi di si e questi mi chiese di vedere dove stava poiché poi, successivamente, sarebbe venuto a prenderla. Io gli spiegai e gli feci vedere dove stava. Cibò, dopo aver visto dove l’arma era stata occultata, mi disse di non dire nulla a mia moglie. Alle successive 20 – 20,30 vennero, presso la mia abitazione, due persone a bordo di un Runner colore bianco e rosso. Alla guida vi era un tale Ciro Rega detto Cirellino e dietro vi era Parisi Cibò. Mia moglie stava stendendo i panni e vide i due con il Runner; io le dissi di rientrare dentro e mia moglie capì che doveva rientrare. Cibò allora fece finta che non ci conosceva e disse che aveva sbagliato il palazzo. Dopo circa 10 minuti, da dietro la finestra, vidi Cibò entrare nel giardino. Anche lui mi vide e quando poi andò via mi fece segno che era tutto a posto ed io capii che aveva p reso la pistola. Erano circa le 20,40- 20,50. Dopo circa un ‘ora sono andato a vedere nel giardino ed ho visto che effettivamente la pistola non e ‘era più ed ho avuto conferma che l’aveva presa Cibò. Preciso che nella busta vi era sia la pistola sia 7-8 proiettili a parte. Poi successivamente intorno alle 22 – 22,30 sentimmo degli spari. Io stavo a letto con mia moglie e venne presso la mia abitazione Carderopoli Attilio, figlio della mia convivente, che ci disse che avevano sparato sulla finestra di Gallifuoco. Rimanemmo a letto ed io non uscii proprio da casa. Intorno alle due di notte andai a vedere se la pistola era stata rimessa al suo posto; andai in giardino e vidi che la pistola stava nella busta senza esser però riposta nelpanno originale dove era occultata allorchè mi è stata consegnata… non ho visto Cibò o altra persona entrare nel giardino e riporre la pistola nella busta. Ho quindi rimesso la pistola nel panno e nella busta e l’ho rimasta occultata nel giardino. Il giorno dopo sono andato a cercare Gennaro Ferrara e l’ho trovato in piazza e gli ho chiesto spiegazioni circa la sparatoria e del motivo per cui l’arma era rimasta nel mio giardino…”.
Grandulli Maria, moglie di Troia Alfredo, ha riferito delle minacce subite dalla Iattarelli che, a più riprese le aveva ordinato di allontanarsi dal territorio di S. Giorgio: “…Dopo poco tempo si presentava presso la mia abitazione tale Immacolata con la propria figlia Maria, persone che io so essere la madre e sorella di Vincenzo Troia, detenuto e che comanda a San Giorgio a Cremano. Le donne, con tono minaccioso dicevano a me e al mio compagno: “da San Giorgio ve ne dovete andare perché appartenente alla pentita! la ”protezione” qui a casa vostra è venuta a p rendere la pentita! …omissis… A San Giorgio a Cremano ho subito altre gravi minacce da parte degli appartenenti al “clan Troia”: i primi giorni del mese di settembre, mi sembra il giorno 10 (lo ricordo perché il 12 settembre è il mio onomastico), si presentavano, presso la mia abitazione nuovamente, Immacolata con la figlia Maria. Le due donne, questa volta, erano ancora più aggressive e mi minacciavano con le seguenti parole: “ancora non hai capito niente, mio figlio è in carcere a causa di un pentito, noi i pentiti non li vogliamo a San Giorgio, come se n ‘è andata la famiglia di Gallo così ve ne dovete andare anche voi ! ” . Io risposi di non conoscere Gallo e le donne mi dicevano che si trattava di un infame.
Replicai all ‘Immacolata che qualche volta l’avevo vista nel quartiere di San Giovanni e questa mi rispondeva: “io sono spesso a San Giovanni perché appartengo ai Rinaldi, sono la zia di My way. Mi sono spiegata, diglielo anche a quello che sta in carcere che ve ne dovete andare.” Credo che con il riferimento ai Rinaldi la donna abbia voluto intimidirmi e alla frase “diglielo a quello che stà in carcere “,senz’altro si riferiva al mio compagno Alfredo. Le due donne dopo le minacce si allontanavano… Successivamente aIl ‘arresto del mio convivente mentre mi trovavo sotto casa a San Giorgio, si avvicinavano due ragazzi a bordo di un sh 300 di colore nero con le strisce rosse, di cui quello che guidava era snello ed alto, mentre il passeggero era robusto e con un neo alla guancia destra. Mi si avvicinavano con la scusa di accendere una sigaretta e il passeggero mi riferiva: ” non chiedetemi ne chi siamo ne chi ci manda, prendete la vostra roba e bambini e andatevene di qua”.
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