“Ho maturato questa scelta perché voglio cambiare vita e assicurare a mia moglie e a mio figlio un futuro diverso”.
E’ il 30 novembre scorso quando Mariano Torre uno dei killer del clan Lo Russo di Miano decide di pentirsi. Lo fa una settimana prima della sentenza che lo ha visto condannato al secondo ergastolo per l’omicidio dell’innocente Genny Cesarano. Davanti al pm della Dda di Napoli, Enrica Parascandolo comincia a raccontare di omicidi, di traffico di droga, di estorsioni, di riciclaggio di case e aziende e società acquistate dai Lo Russo a Napoli e a Roma.
I primi verbali sono stati portati dalla Dda al Riesame l’altro giorno nell’inchiesta contro i 43 nuovi esponenti del clan dei “Capitoni” di Miano arrestati il mese scorso e guidati dal violento Valerio Nappello. Ci sono molti omissis. Ci sono anche i nomi degli altri due che mancano all’appello di quelli del commando dei otto persone che fece la stesa in piazza Sanità a settembre del 2015 nel corso della quale fu ucciso Genny Cesarano. Torre ha spiegato:”…Quando sia io che Luigi Cutarelli abbiamo ammesso le nostre responsabilità, ho parlato con Antonio Buono e lui mi ha detto che non avrebbe fatto come noi, che non avrebbe seguito la nostra strada, perché sperava di essere assolto, come era per altro accaduto nel corso del processo per l’omicidio di Francesco Sabatino, in cui – pur essendo responsabile – era stato assolto. Voleva giocarsela fino in fondo, quindi mi fece capire che non avrebbe alzato la mano”.
Seguono altri omissis. La parte invece in cui parla di droga e di persone coinvolte nel blitz contro i Nappello non é omissata. Ma Mariano Torre fa un’altra premessa: “Prima che uscisse Carlo non avevo mai ucciso nessuno, per questo dico che i Lo Russo mi hanno rovinato la vita e Carlo Lo Russo in particolare. Prima della sua scarcerazione facevo già parte del clan, mi occupavo di droga ed estorsioni ma non avevo mai ucciso nessuno, ho solo partecipato all’agguato a Francesco Sabatino, nel periodo in cui Salvatore Scognamiglio aveva fatto la scissione, o meglio, aveva tentato di estromettere Antonio Lo Russo dal comando del clan”.
Dopo gli omissis Torre spiega: “…Mi viene chiesto se abbia avuto rapporti con Ettore Bosti di Nunzio, cugino di Ettore Bosti, genero di Mario Lo Russo e dico che lo conosco bene, perché è il cognato di Luciano Pompeo. Ettore faceva le puntate di droga dall’Olanda, erba e cocaina, insieme ad un altro ragazzo che ci ha detto essere suo cugino; Ettore faceva puntate di droga assieme a Vincenzo Lo Russo e a Marco Corona…La puntata a cui mi riferisco è di un pacco di cocaina, cioè un chilo, a 32mila euro. Ettore venne a casa di Enzo Lo Russo a prendersi i soldi, poi l’abbiamo utilizzata per le nostre “piazze”. Il nostro guadano era elevato perché avevamo comprato a 32 e venduto a 55….Ettore forniva di cocaina anche la nostra “piazza” principale di “abbasc’ Miano’. È una “piazza” che prima era gestita da Valerio Nappello e Salvatore Silvestri e, dopo il loro arresto, da “Pescetiello”, cioè Salvatore Cangiano. La paranza di Luciano Pompeo, cioè Alessio, Gianluca, Matteo, Luigi Mango, “Fragolino” e altri, volevano avere loro la gestione della “piazza” ma non andavano d’accordo con “Pescetiello”, io sono quindi intervenuto per mediare e la “piazza” ha avuto come responsabili allo stesso livello Salvatore Cangiano, Luigi Mango e Gianluca. Ci entravano 22.500 euro al mese”.
Articolo pubblicato il giorno 8 Dicembre 2017 - 08:10