Aveva un debito di 500 milioni delle vecchie lire con la famiglia Lo Russo ed in particolare con l’irriducibile Giuseppe Lo Russo, unico dei fratelli “Capitoni” di Miano a non essersi pentito, e per questo sul capo di Giovanni Penniello c’era una condanna a morte. O avrebbe restituito i soldi oppure Carlo Lo Russo lo avrebbe ucciso. Il pregiudicato si salò perché dopo aver ricevuto “l’imbasciata” da parte degli uomini del clan dopo alcuni mesi di latitantza ci costituì.E’ stato lo stesso ex boss oggi pentito a raccontarlo agli investigatori nel corso dei suoi numerosi verbali firmati davanti alla Dda. La vicenda inedita è contenuta nelle 960 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Francesca ferri e che il mese scorso ha portato in carcere una quaratina di reduci del cosca di Miano. Tra questi c’è anche Cito Taglialatela, nipote dei Lo Russo. E proprio parlando della gestione del traffico di droga di quest’ultimo che Carlo Lo Russo svela l’inedito retroscena.
Ecco cosa ha raccontato Carlo Lo Russo: “Ciro Taglialatela è figlio di mia sorella Rosaria che noi chiamiamo Celeste e di mio cognato Bruno, detenuto. Quando sono stato scarcerato è venuto a trovarmi in più occasioni. Anche a Natale e a Pasqua mi ha portato il cestino. E’ poi venuto in compagnia di un ragazzo per prendere le difese di Giovanni Penniello, nel periodo in cui quest’ultimo era latitante, perché io volevo recuperare da Giovanni Penniello i soldi che lui doveva dare a mio fratello Peppe, cioè 500 milioni delle vecchie lire. Io avevo incaricato Giulio De Angioletti e Peppe o’ Biondo cioè De Vincentis di chiarire con Penniello che doveva ridarci questi soldi, li ho incaricati di portargli l’imbasciata che se non restituiva i soldi di mio fratello Peppe lo avrei ucciso. Questa minaccia è stata recapitata al Penniello sia da Giulio sia da Peppe sia da mio cognato Angelo Marino. Si sono incontrati con Giovanni Penniello prima che diventasse latitante.
Come sapete è stato latitante per un breve periodo e poi si è costituito. Non mi ha dato niente, neanche un euro. Tornando a Ciro , come dicevo, lui ha preso le parti di Penniello, una specie di garante, venne a dirmi di stare tranquillo che a poco alla volta mi avrebbe fatto avere i soldi che io avrei destinato a Teresa, la compagna di Peppe mio fratello… Ciro venne a parlarmi di questa cosa poco prima di Pasqua, a casa mia insieme ad un ragazzo che non avevo mai visto e che mi presentò come nipote di Bruno… in questa occasione a casa mia c’erano anche Luigi Cutarelli e Ciro Perfetto, io fui esplicito nel ribadire a mio nipote Ciro Taglialatela che ero intenzionato ad uccidere Penniello se non mi avesse restituito i soldi. Inoltre quando sono stato a Secondigliano, ad aprile maggio, ho avuto modo di parlare con mio cognato Bruno ed anche a lui ho detto la stessa cosa. Bruno Taglialatela è amico intimo di Giovanni Penniello ecco perché mio nipote Ciro è intervenuto in difesa del Penniello…”.
Antonio Esposito
2.continua
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Articolo pubblicato il giorno 18 Dicembre 2017 - 17:43