Per lo Stato italiano la famiglia di Gelsomina Verde, la 22enne di Sant’Antimo, uccisa e data alle fiamme ancora viva durante la prima faida di Scampia non ha diritto al risarcimento destinato alle vittime della camorra.
L’avvocatura dello Stato e il ministero degli Interni non hanno riconosciuto alla sua famiglia l’indennizzo sostenendo che non ne avevano diritto. La notizia anticipata stamane da Il Corriere del Mezzogiorno sta suscitando enorme clamore negli ambienti delle associazioni di volontariato della zona Nord di napoli (c’è anche quello che porta il suo nome) ma anche sui social network. C’è ancora una ultima speranza in quanto il 21 dicembre davanti alla quinta sezione penale del giudice Monocratico di Napoli si discuterà sull’appello della famiglia di Gelsomina. Eppure solo due mesi fa la sua orrenda morte eran tornata alla ribalta con la diffusione dei verbali del neo pentito Gennaro Notturno ‘ o sarracino, uomo di punta dell’omonima famiglia di Secondigliano ed ex killer al servizio degli scissionisti degli Amato-Pagano.
Notturno che ha svelato i nomi di mandanti e killer di una trentina di omicidi avvenuti durante la faida tra i quali quello commesso da lui stesso di un’altra vittima innocente Antonio Landieri. Notturno aveva spiegato ai giudici che si era tatuato un cuore spezzato con due rose e su uno vi era il nome di Mina (Gelsomina Verde). I due si conoscevano da bambini e si frequentavano. La ragazza fu prelevata e torturata dai clan nemici affinchè svelasse il nascondiglio di Gennaro Notturno.
Per quell’omicidio come invece ha raccontato l’altro pentito Pasquale Riccio sta invece scontando l’ergastolo da innocente Ugo De Lucia che avrebbe coperto invece il boss della Vanella Grassi, Antonio Mennetta detto er nino. Francesco Verde, fratello di Gelsomina recita in Gomorra nel ruolo di Domenico, fedele guardaspalle di Scianel. Ma perchè l’avvocatura dello stato ha detto no al risarcimento a favore della famiglia di Gelsomina Verde? Come spiega il Corriere del Mezzogiorno uno dei cugini di secondo grado di Michele Verde, padre di Mina, aveva avuto precedenti penali di natura associativa. Un familiare che non frequentavano, che non vedevano mai, che abitava in una altro comune e che il 20 maggio del 2008 era morto. Questa parentela è stato un motivo ostativo per la concessione dell’indennità.
C’è poi un altro punto dolente e riguarda il risarcimento che Cosimo Di Lauro, considerato il mandante di quell’agguato, ha pagato alla famiglia di Gelsomina. Si erano costituiti parte civile nel processo in Corte d’Assise ma l’imputato, per mezzo dei suoi avvocati Saverio Senese e Vittorio Giaquinto, aveva fatto sapere che pur essendo estraneo ai fatti (la Corte d’Assise d’Appello lo ha poi assolto dall’ergastolo rimediato in primo grado), era pronto a risarcire con 3oomila euro la famiglia. L’avvocato Nesta si è accertata subito che quei soldi erano di natura lecita in quanto frutto di un risarcimento che una compagnia assicurativa aveva fatto a Di Lauro jr dopo un incidente in moto. Ma la scelta, legittima e prevista dalla legge, di accettare quei soldi è stata determinante nella mancata concessione del l’indennizzo alla famiglia di Mina. Ma non è ancora finita. L’ultima battaglia sarà il 21 dicembre davanti alla quinta sezione pena le del giudice Monocratico di Na poli chiamato a pronunciarsi sul l’appello della famiglia di Gelsomina.
Articolo pubblicato il giorno 5 Dicembre 2017 - 13:38