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Soldi a Tarantini per tacere sulle escort di Berlusconi: la difesa chiede il proscioglimento dell’ex premier

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Bari. Soldi a Tarantini per mentire ai pm di Bari: gli avvocati di Silvio Berlusconi chiedono al Gup di prosciogliere l’ex premier. Silvio Berlusconi aiutò economicamente l’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini in un momento di difficoltà di quest’ultimo, ma mai lo pagò perchè mentisse ai pm baresi che indagavano sulle 26 tra donne ed escort portate da ‘Gianpi’ nelle residenze dell’allora premier fra il 2008 e il 2009. E’ quanto sostenuto dall’avvocato Francesco Paolo Sisto, difensore di Silvio Berlusconi insieme al collega Niccolò Ghedini, nel corso della sua arringa dinanzi al Gup del Tribunale di Bari. Berlusconi è accusato di induzione a mentire. L’accusa sostiene che Berlusconi, tramite Lavitola, avrebbe pagato Gianpaolo Tarantini, fornendogli avvocati, un lavoro e centinaia di migliaia di euro in denaro, perché mentisse ai pm baresi che indagavano sulle escort portate dall’imprenditore nelle residenze dell’ex premier fra il 2008 e il 2009 e sui suoi interessi in Finmeccanica. La Procura di Bari con i pm Pasquale Drago e Eugenia Pontassuglia, hanno chiesto nei giorni scorsi il rinvio a giudizio. I difensori hanno anche chiesto che il processo venga trasferito per competenza a Napoli, oppure al Tribunale dei Ministri (Berlusconi all’epoca era presidente del Consiglio).
Ma l’accusa sostiene che in cambio del suo silenzio ‘Gianpi’ tra l’estate 2010 e l’agosto 2011, ricevette da Berlusconi, tramite Lavitola o la sua segretaria o il suo maggiordomo, circa 20mila euro al mese; gli furono poi messi a disposizione, tramite il faccendiere Lavitola, su un conto di una banca uruguaiana 500mila euro (solo in parte incassati da ‘Gianpi’), gli furono pagate le spese legali per l’inchiesta ‘escort’ in corso a Bari, l’affitto di un appartamento nel rione ‘Parioli’ di Roma e gli fu procurato un lavoro fittizio per giustificare l’elevato tenore di vita dell’imprenditore. “Abbiamo sostenuto la impossibilità di rinviare a giudizio Silvio Berlusconi per la insussistenza del fatto o comunque perchè il fatto non costituisce reato. Manca completamente la prova della induzione”, ha dichiarato Francesco Paolo Sisto. L’avvocato ha spiegato che “è pacifico che Berlusconi abbia aiutato in tempi non sospetti Tarantini per questioni di bisogno economico, ma molto prima che ci fosse qualsiasi ipotesi di fissazione di interrogatori e prima che comparisse Lavitola. Manca qualsiasi elemento di induzione, cioè di un movimento che parta da Berlusconi e vada verso Tarantini. Qui c’è il contrario: richieste di denaro” da parte dell’imprenditore barese all’ex premier, ricordando l’inchiesta romana per tentata estorsione, poi archiviata. “C’è di piu’, – ha continuato Sisto – quelle dichiarazioni (di Tarantini, ndr) non sono mendaci, ma sono dichiarazioni che la Procura reputa insoddisfacenti, che è una cosa completamente diversa. Aggiungo ancora che il reato prevede che vi sia la fissazione di un interrogatorio prima dell’induzione, ma in questo caso gli interrogatori di Tarantini sono stati fissati anche nel giro di 24 ore, quindi non c’era nessuna possibilità di conoscere le prospettive di Tarantini. E poi c’è un altro dato: – ha concluso il legale – una coralità di voci che escludono che vi sia stata questa induzione”. L’udienza preliminare, iniziata il 14 novembre 2014, proseguirà il 26, 29 e 30 gennaio 2018 per repliche e decisione.


Articolo pubblicato il giorno 21 Novembre 2017 - 00:28

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