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Scafati, il pentito Spinelli racconta: ”Corrado Scarlato si fece difendere dal figlio del boss per non pagare il pizzo”

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Scafati. Fu arrestato nel novembre del 2016 per un’estorsione. Quell’episodio è ora lui a raccontarlo, aggiungendo particolari ad una vicenda già nota e che gli era costato il carcere. Lui è Andrea Spinelli, conosciuto come Dario, classe 1975, pregiudicato che dal 3 ottobre scorso ha chiesto di avviare una collaborazione con la giustizia e di essere inserito in un programma di protezione.
L’estorsione ‘svelata’ e resa pubblica con il deposito degli atti è quella che tra aprile e giugno dello scorso anno vide come vittima l’imprenditore delle cartiere Corrado Scarlato, già consigliere comunale di Scafati, e uno dei candidati alle primarie Pd per il centro sinistra alle amministrative del 2013, oltre ad essere stato Presidente della Scafatese Calcio fino al 2007. Scarlato è vittima di Spinelli e del suo tentativo di estorsione, ma Dariuccio – così è conosciuto negli ambienti della mala – racconta per conto di chi agì e quali interessi si mossero intorno a quella richiesta di pizzo.
Scarlato si ribella al pagamento e fa intervenire a suo sostegno un altro personaggio ‘eccellente’ della camorra scafatese: Michele Matrone, figlio del boss Franchino. Il racconto di Spinelli è preciso e circostanziato e permette di rivedere una verità giudiziaria e storica, un dietro le quinte niente affatto rassicurante. E allora Dario Spinelli racconta: “Effettivamente tra aprile e giugno del 2016, se ricordo bene, su mandato di Cesarano Giovanni detto Nicolino del clan di Ponte Persica cui appartenevo, mi recai presso l’ex cartiera di Scafati, Via Madonelle, per incontrare il titolare che ben conoscevo sin da piccolo, Corrado Scarlato, poiché nella sua area stavano facendo dei lavori di ristrutturazione e così come avveniva per altri cantiere in quel periodo, io in nome del clan imponevo ai titolari il pagamento di tangenti”. Scarlato che in quel periodo stava ristrutturando l’ex sito industriale, Spinelli eseguiva un ordine e quindi doveva avvicinarlo: “Quando parlai a Scarlato, io non ebbi bisogno di usare minacce. Ma gli feci capire che dietro di me c’errano altre persone e che purtroppo anche contro la mia volontà per la conoscenza che avevo con l’imprenditore, lo stavo sottoponendo ad una estorsione” racconta Spinelli.
La risposta dell’imprenditore scafatese non fu usuale. Non fu né un sì, né un no. “Corrado, mi disse che Michele già sapeva tutto. Intendendo per Michele, Matrone Michele figlio di Franchino. In sostanza, nominandomi il Michele Matrone, lui voleva farmi capire che noi dovevamo lasciarlo stare o che comunque dovevamo vedercela con lui per risolvere la questione”.
Spinelli con molta probabilità stava toccando un imprenditore che era stato messo sotto pressione da altri. E pagare a due clan non sembrò il caso a Scarlato. “Io mi arrabbiai un po’ anche perché Corrado, mostrandomi il telefono, era pronto a chiamarlo in modo che io potessi confrontarmi direttamente con lui. Invece ad un certo punto lui mi disse di seguirlo con la mia macchina presso l’genzia di onoranze funebri “L’Eternità” che io sapevo essere gestito dal Matrone.
Ci recammo lì, alla via Passanti, ognuno a bordo della sua auto. Scarlato era alla guida di un Suv Renger Rover di colore grigio scuro, io non ricordo su quale auto viaggiavo. Giunti sul posto lui entrò dentro l’agenzia ma non trovammo il Michele Matrone. A quel punto fu Scarlato a dirmi che ci saremmo potuti rivedere. Lui non aveva il mio numero di telefono né io il suo. Lui però sapeva dove poteva rintracciarmi”.
L’imprenditore Scarlato, secondo quanto sostiene Spinelli, cerca di difendersi e per farlo chiama in causa il figlio del boss che in quel momento aveva il predominio sul territorio. Poche ore dopo quell’incontro, il luogotenente a Scafati di Giovanni Cesarano di Ponte Persica riceve una telefonata, al bar La Dolce vita (preso di mira dai proiettili l’estate scorsa,ndr). Il messaggio è inequivocabile “Sono Michele Matrone, portami due caffè, ma portameli tu personalmente!!”.  “Avendo compreso che Matrone aveva intenzione di incontrami per chiarire la vicenda che stava riguardando il tentativo di estorsione ai danni di Scarlato – racconta Spinelli -chiamai al telefono Cesarano Giovanni e poi lo raggiunsi nei pressi del bar Chimera dove gli spiegai tutto quello che era successo con Scarlato”.
Sulla questione si aprì una diatriba tra le opposte fazioni. Giovanni Cesarano si arrabbiò per l’ingerenza di Matrone e gli lanciò attraverso Spinelli un messaggio che non poteva essere equivocato. “Digli ‘o fai i carri funebri oppure stai in mezzo alla strada’ disse Cesarano. A quel punto il messaggero Spinelli potè andare a portare il caffè a Michelino Matrone presso il parcheggio di automezzi che gestiva. “Io in effetti gli portai i caffè. Trovai Michele Matrone in compagnia di tale Peppe ò tappezziere che abita in località Pellegrini di Boscoreale che gestisce la ditta “L’Infinito” che mi risulta essere il compariello del noto boss Carmine Aquino (clan Annunziata-Aquino, ndr). Insieme a loro vi era Corrado Scarlato che non immaginavo stesse là. Michele Matrone mi invitò a sedermi.
Cosa che io feci. Nella circostanza si avvicino a me tale Peppe ò tappeziere rimproverandomi sostanzialmente per aver formulato la richiesta estorsiva ai danni di Scarlato Corrado lì presente”. Michele Matrone chiarì che Scarlato era uno che pagava a loro: “Michele Matrone mi ha detto che il Corrado Scarlato prima di passare di là aveva già posato da loro. Intendendo che Scarlato, prima di chiedere aiuto e protezione a loro, stava pagando aveva pagato già a loro nel momento in cui aveva iniziato i lavori presso la cartiera. Mi disse anche che se Giovanni Cesarano e quelli di Pompei volevano in tal senso conferma potevano parlare con Cirillo Ferdinando ò battlamiera, che teneva tutte le loro cose in mano. Nell’occasione Michele Matrone si arrabbiò anche con me perché mi ero fatto vedere presso la sede dell’Eternità ma io gli spiegai che ero andato lì perché mi aveva portato Corrado Scarlato. Scarlato disse, in presenza degli altri, che lui andava solo lì, cioè aveva a che fare solo con il Matrone Michele e avrebbe denunciato chiunque altro gli sarebbe andato a chiedere le tangenti. Dopo che Scarlato andò via”.
Spinelli richiamato all’ordine da Matrone dovette riferire tutto al suo ‘capo’: “Immediatamente andai a riferire il tutto al Cesarano Giovanni che mi stava aspettando”. Poi il neo collaboratore, una settimana dopo, tornando sull’argomento della tentata estorsione a Scarlato ricorda: “Io ero andato da Scarlato Corrado già una volta. Nell’occasione chiedevo ad un operaio di chiamarmi il signor Scarlato Corrado. Lui però non c’era e dunque andai via. Riferii a Cesarano Giovanni che non l’avevo trovato, per cui non gli avevo potuto formulare la richiesta estorsiva e questi mi ammoni di non replicare la richiesta perché aveva appreso da una “guardia”, intendendo un poliziotto o carabiniere, che mi avevano visto in quel luogo per cui diventava pericoloso per noi”.
La storia è finita poi con l’arresto, a novembre scorso, di Spinelli per il tentativo di estorsione all’imprenditore Scarlato e ad altri della zona.

 Rosaria Federico

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