Napoli. Un clan al vertice di un cartello di famiglie camorristiche attivo a Napoli, grazie all’alleanza con i Contini e i Bosti, e nella cintura metropolitana, che reinveste i proventi delle attività illecite nella cosiddetta economia legale, in particolare nel settore dell’edilizia.
Attività estese non solo in Campania, ma anche in Toscana, in Abruzzo, nel Lazio e in diverse altre regioni. E’ questa la ”fotografia” del clan Mallardo, emersa dall’inchiesta che ha portato oggi all’esecuzione da parte della polizia di 19 arresti, al sequestro di 59 immobili, 9 società, ovvero beni per 50 milioni oltre al sequestro ”per equivalenza”, ovvero fino al raggiungimento di una somma di 829 milioni di euro. I particolari dell’operazione sono stati illustrati dal procuratore di Napoli Giovanni Melillo, dal procuratore aggiunto e coordinatore della Dda Giuseppe Borrelli, dal dirigente dello Sco Alessandro Giuliano, alla presenza di dirigenti e funzionari delle squadre mobili di Napoli e Firenze che hanno svolto le indagini.
Al vertice dell’organizzazione il boss Francesco Mallardo al quale l’ordinanza di custodia è stata notificata nel carcere milanese di Opera. Tra i destinatari dei provvedimenti spicca il nome di Antimo Liccardo, ritenuto tra gli elementi di spicco della cosca di Giugliano in Campania e fiduciario del boss. Le indagini hanno anche fatto luce sullo scontro interno al clan con alcuni esponenti che, violando l’ordine impartito dai Mallardo, avevano venduto droga nel territorio di Giugliano.
L’inchiesta – condotta dai pm della Dda partenopea Ilaria Sasso del Verme e Cristina Ribera – si è avvalsa soprattutto di indagini patrimoniali e intercettazioni telefoniche e ambientali, mentre poco rilevante è stato il contributo offerto dai collaboratori di giustizia a dimostrazione – come hanno spiegato gli inquirenti – che il clan Mallardo è un gruppo assai coeso in cui le defezioni sono assai rare o inesistenti. E’ emersa anche una ”non occasionale infiltrazione ma una vera e propria immedesimazione” tra gruppi criminali e appartenenti al mondo politico-amministrativo, testimoniata dai rapporti tra la pubblica amministrazione locale, la camorra e le imprese.
Sono 25 gli immobili sequestrati in Toscana, 9 a Reggello in provincia di Firenze e 16 a Montevarchi nell’Aretino. Secondo quanto emerso dalle indagini, il clan Mallardo avrebbe riciclato il denaro provento di attività illegali anche attraverso due aziende edili con sede a Figline Valdarno (Firenze), intestate a prestanome. Le due società venivano finanziate con denaro proveniente da imprese contigue o da soggetti collegati al clan Mallardo
. Dal 2002 al 2011 le società avrebbero acquistato immobili e terreni nelle province di Arezzo e Firenze per un valore di circa 2,5 milioni di euro, e venduto lotti e unità abitative per un valore dichiarato di circa 8,5 milioni di euro. Nello stesso periodo le società gestite di fatto dalla camorra avrebbero avuto accesso a erogazioni di mutui agevolati da parte degli istituti di credito per 9,5 milioni di euro. Tra gli indagati nell’inchiesta che un 66enne campano residente da tempo in Toscana. Secondo quanto si apprende la polizia avrebbe perquisito anche la casa della sorella del boss, nell’Aretino.
Articolo pubblicato il giorno 7 Novembre 2017 - 20:16