Era sparito dal 19 ottobre scorso, quando il cargo Msc Giannina aveva segnalato la scomparsa del suo capitano, Yurii Kharytonov, 54 anni, ucraino. Ora potrebbe essere vicina la soluzione del mistero. L’ultima volta era stato visto la notte del 19 ottobre durante la navigazione della nave in mare aperto di fronte alla coste di Salerno, in direzione di Genova. Alle 17 di oggi i poliziotti della squadra mobile e della Polmare sono saliti a bordo della nave e hanno arrestato, su richiesta del magistrato, i due ufficiali di macchina ucraini Dmytro Savinykh, 44 anni, e Oleksandr Maltsev di 43, indagati per omicidio e occultamento di cadavere. Il pm Marcello Maresca ha richiesto il fermo per timore che gli indagati potessero fuggire. Si tratta di un fermo indiziario: gli inquirenti ritengono di possedere sufficienti indizi per provare che i due ufficiali hanno ucciso e gettato in mare il comandante. Le prove per chiudere il cerchio delle indagini sono attese nelle prossime ore con le perizie disposte per l’incidente probatorio richiesto dai legali dei due fermati, gli avvocati Fulvia Nari e Ruggero Navarra, che erano a bordo della nave a colloquio con gli assistiti per preparare la strategia difensiva. I responsi attesi sono quelli del luminol nelle cabine degli arrestati e su un pontile dove potrebbe essere avvenuto l’omicidio e dell’identificazione del dna delle macchie rilevate sulle tute dei due ufficiali. Domani i fermati saranno interrogati in carcere dal pm e dagli investigatori della sezione omicidi della squadra mobile che conduce le indagini insieme ai colleghi della polizia di frontiera. Dell’arresto dei due ufficiali la moglie del comandante scomparso in mare ha appreso con un messaggio inviato dagli inquirenti che hanno eseguito il fermo. Fin dalla scomparsa del comandante la donna ha escluso categoricamente che il marito potesse essersi suicidato. I due fermati erano subito finiti nel mirino degli agenti per le dichiarazioni fornite durante i primi interrogatori svolti appena la nave è attraccata a Genova. I due indagati, a differenza di un terzo ufficiale di macchina, in riferimento a quanto accaduto la sera di giovedì 19, hanno negato che ci fosse stata una lite, e anche di avere visto il comandante. Gli agenti, invece, sapevano che il comandante li aveva visti per chiedere loro spiegazioni di due avarie dei motori avvenuti alcune ore prima durante la navigazione. Vi fu una discussione di cui ci sarebbe traccia nella scatola nera della portacontainer.
Articolo pubblicato il giorno 7 Novembre 2017 - 21:05