La genesi dell’indagine che ha sgominato il nuovo clan D’Agostino a Salerno parte dall’arresto di Raffaele Grillo (noto anche per aver incendiato il treno dei tifosi della Salernitana in cui morirono 4 ragazzi, era il 24 maggio del 1999). Riferì di essere un assuntore riferendo anche di spacciare per terze persone. Fu messo ai domiciliari ma la fidanzata palesò forti preoccupazioni sull’incolumità fisica del compagno che la sera prima dell’arresto dovette lasciare in fretta e furia il posto di lavoro.
Il gip decise di far scattare le intercettazioni telefoniche e in quelle chiamate era emerso che Grillo aveva parlato con Stefano Maisto, Emilio Marmo, Emilio Voto e Forenzo Parrotti (tutti coinvolti ne! blitz di ieri mattina) sempre a Battipaglia che fu trovato con 835 grammi di hashish. Così vennero fuori le figure di Roberto Barbarisi, Ciro Galioto e del cugino Ciro D’Agostino. Avviata l’attività di indagine il primo a finire in manette fu proprio Galioto beccato con 21 grammi di cocaina.
Mantenere le famiglie dei detenuti era un grosso sacrificio per il gruppo di Ciro D’Agostino, ma lo facevano, perchè andava fatto. Si evince anche dalle intercettazioni delle conversazioni di Ciro d’Agostino. In molte conversazioni Peppe D ’Agostino viene indicato come soggetto di indiscutibile carisma criminale “se c’era tuo padre qua… volevo vedere…”, dicono affrontando affrontando il discorso delle famiglie dei detenuti ed ai sacrifici che sono costretti a fare: “si., e cosa dobbiamo fare. Non c’è . Ci possiamo dare con la testa nel muro e… quello che stiamo e che non abbiamo abbandonato… almeno penso che si deve essere fieri. Sai quanti di loro abbandonano i car cerati venti anni… noi siamo ancora appresso…. ci stiamo dando i pizzichi sulla pancia”.
Lo zio ricordava cosa gli aveva detto il padre. Infatti durante un colloquio tra il piccolo D’Agostino chiese allo zio consigli circa il comportamento da tenere. Al riguardo, Ciro D’Agostino ricorda al nipote che il padre Giuseppe D’Agostino, attualmente detenuto, usando l’espressione “lì è il vostro” gli aveva indicato la loro “zona d’affari”. Secondo quanto scrive il Gip nell’ordinanza eseguita ieri: “ciò a riprova che Ciro D’Agostino, in considerazione dello stato di detenzione dei fratelli (Antonio e Giuseppe), dirigeva l’organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti nelle zone storicamente di competenza dell’omonimo clan”.
Il gruppo era molto attento nei loro spostamenti con i carichi di droga non solo si muovevano con grande prudenza, ma utilizzavano anche un linguaggio criptico nelle conversazioni telefoniche che avevano con gli associati e gli assuntori. L’approvvigionamento di hashish avveniva quasi sempre ad Ottaviano, nella provincia nord di Napoli. I contatti erano di Massimiliano Sabato il quale, in più di un’occasione, si sarebbe recato a fare acquisti in compagnia di Davide Carratù e del figlio Gianluca. Andavano quasi sempre con un’auto ben organizzata e la merce veniva nascosta all’interno del porta bagagliaio.
Nel corso delle indagini è stato scoperto che nel viaggio di rientro dalla zona Vesuviana ad Eboli, i tre staccano le batterie dei propri cellulari per non essere intercettati. Anzi, Davide Carratù gli consiglia di non chiamare nessuno. Non sa che l’auto è monitorata. “Vattela a nascondere in grazia di Dio… senza telefonare – dice – con calma, senza chiamare nessuno poi.. poi dopo hai tutto il tempo.. oggi, domani, quando vuoi…”. Il pane, la tuta, il caffè, la gomma dell’autovettura erano tutti termini utilizzati per indicare lo stupefacente.
(nella foto da sinistra Ciro D’Agostino, Raffaele D’Agostino, Massimiliano Sabato, Davide Carratù, Gianluca Carratù)
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