“Viva” è vita. “Viva” è donna. E’ il simbolo concreto del riscatto personale. E’ un bistrot in via De Marinis 9 a Poggiomarino, in provincia di Napoli. E’ una cooperativa di tre donne vittime di violenze coniugali: Antonella, Raffaela e Maria, sopravvissute ai maltrattamenti subiti per anni in nome dell’amore. “Viva” è forza, coraggio, reazione; è volersi bene. Antonella, Raffaela e Maria sono “Viva”. Partono dalla cooperativa “Viola”, un laboratorio di pasticceria e panetteria sempre a Poggiomarino, aperto con il contributo di Coopfond e l’obiettivo di assicurare un reddito alle donne vittime di violenza. Da “Viola” arrivano a “Viva” e fanno impresa senza neanche conoscersi grazie ai loro avvocati che, artefici del sodalizio, le hanno convinte a questa nuova esperienza. Rosita Pepe e Grazia Acanfora seguono legalmente le tre donne nelle aule dei tribunali come nell’attività commerciale e lo fanno insieme a LegaCoop che ha condiviso immediatamente la proposta. “Viva” è una sala con trentasei coperti per gustare colazione, pranzo e cena. “Viva” è il luogo ideale e fisico dove le lacrime possono diventare sorrisi e l’angoscia, impegno per spazzare via la paura. Antonella è Antonella Cangianiello, trentanove anni e diciassette di violenza per mano di un marito alcolizzato. Un nullafacente che le rubava quei pochi euro riusciti a guadagnare con il suo lavoro da carrozziere, da falegname, da operaio in un autolavaggio, da addetto al confezionamento di verdure in fabbrica. A Reggio Emilia, dove viveva con i suoi due figli costretti a chiudersi in camera di notte e il marito violento. Rischia la vita per venti euro che aveva nascosto nella camicia da notte. Venti euro che il marito non può bersi. Torna a Poggiomarino e la situazione peggiora: ancora una lite, ancora botte, ancora sangue e lividi. Scappa e in strada uno spazzino aiuta lei e i suoi due figli. Ora è indipendente, ed è presidente della cooperativa. I suoi figli, la sua forza. Maria è Maria Sorrentino, ha trentatré anni ed è viva dopo aver rischiato, un mese fa circa, di essere bruciata dal marito. Maria ha urlato fuori al balcone di casa dei suoi genitori dopo essere stata cosparsa di alcool, suo cugino la sente e interviene salvandole la vita. Il marito la perseguita, la segue ovunque nonostante la diffida ad avvicinarsi. Maria vuole uscire da quest’incubo affrontando le sue paure, vuole essere più forte di suo marito. Raffaela è la più giovane, ha ventiquattro anni e un figlio di due. Laureata in Economia alla Federico II, Raffaela Caracciolo vive l’incubo della gelosia del marito che si trasforma in malattia quando la offende e la picchia. Ossessionato da ipotetici amanti riduce la sua vita a zero ma Raffaela si rialza, reagisce, spera e si riscatta con questo lavoro, il suo primo lavoro. Dora Iacobelli, direttrice Coopfond e vice presidente nazionale Legacoop, con delega alle Pari Opportunità, parla non soltanto di inserimento lavorativo ma di creazione di percorsi di prevenzione, di formazione e di accoglienza attraverso iniziative simili. Mario Catalano, presidente Legacoop Campania sottolinea la solidarietà delle tre donne che vanno supportate e non lasciate sole. Mette in risalto la loro forza e il valore della cooperativa “Viva” che riesce a dare lavoro e speranza. Seneca indica la strada all’ingresso del locale – “Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili” -; sulle pareti Rita Levi Montalcini, Nilde Iotti, Fria Kahlo, Margherita Hack a cui riferirsi; 1522 il numero dell’antiviolenza scritto ovunque. “Donna come l’acqua di mare/chi si bagna vuole anche il sole/chi la vuole per una notte/c’è chi invece la prende a botte”, cantava Mia Martini. Antonella, Maria e Raffaela hanno detto di no e con coraggio e a viso scoperto, spezzano la catena di violenza e di soprusi, ricominciando a vivere la propria vita da donne libere: “Viva”.
Regina Ada Scarico
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