Il reato di maltrattamenti in ambito familiare e della violenza domestica nei confronti delle donne è, senza dubbio, il crimine più subdolo da estrinsecare. Nonostante siano presenti sul territorio moltissime associazioni contro la violenza sulle donne e, benché anche la Polizia di Stato sia impegnata da anni in tutte le città di Italia, con una equipe di personale specializzato, per raccogliere denunce, anche in forma anonima accade, molto spesso, che si interviene in soccorso delle vittime quando oramai, gli episodi di violenza non sono da considerarsi eventi isolati, ma già incancreniti e radicati in un concetto utopistico che le cose possano cambiare.
E’ il caso di una 40enne, della zona di Porta Capuana che, probabilmente, deve la sua vita ad una telefonata anonima fatta alla Polizia ed agli agenti della sezione Volanti dell’U.P.G. Angela (nome di fantasia), da due anni conviveva con un 45enne pregiudicato e violento che, nella serata di ieri, era disposto ad ucciderla con un martello ed un coltello. Il tempismo dei poliziotti ha impedito, infatti, che ciò avvenisse.
Angela, madre di 5 figli (tre femmine e due maschietti più piccoli) di età compresa tra i sedici e gli otto anni, frutto di due matrimoni precedenti, quando ha sentito bussare al campanello i poliziotti, ha aperto uno spiraglio di porta, riferendogli di andar via perché non era successo nulla, nonostante i segni delle percosse e dei maltrattamenti erano ben visibili sul suo volto e sul suo corpo.
Gli agenti, udito chiaramente i suggerimenti di una voce maschile: “dici che non è successo niente” hanno spalancato la porta, dietro la quale la donna si nascondeva e sono entrati nell’appartamento, trovando così il convivente che impugnava un grosso coltello da cucina. Inutile, il tentativo dell’uomo, di fuggire in un’altra stanza. I poliziotti, infatti, riuscivano subito a bloccarlo e disarmarlo.
E’ stato solo allora che Angela, notata la presenza di una poliziotta in casa sua, è scoppiata in un pianto liberatorio, raccontando la sua raccapricciante storia. Fondamentale è stato, infatti, l’intervento di una Sovrintendente della Polizia di Stato, che è riuscita a mettere a suo agio la vittima, parlandole da donna a donna.
Alla vittima, quando il convivente ospitava sua figlia di 4 anni in casa, non era consentito neanche di sedersi a tavola, in quanto a suo dire non era all’altezza, ma le veniva chiesto, a lei ed ai suoi figli, di prodigarsi per servire il pranzo o la cena.
La malcapitata, a seguito di percosse ricevute in passato, aveva anche perso il posto di lavoro. Il 45enne, infatti, oltre a non consentirle di ricorrere a cure mediche, per la frattura del setto nasale che le aveva procurato, le aveva imposto di non uscire da casa per non farsi vedere da nessuno con il volto tumefatto, sottraendole le chiavi dell’appartamento ed il telefono cellulare per due mesi. Le violenze e, soprattutto le percosse, avvenivano sempre innanzi alle tre figlie, perché l’uomo riteneva che dovessero assistere, proprio per essere educate al rispetto ed alla sottomissione. Se solo le ragazze arrivavano tardi a scuola, per Angela erano botte perché non le aveva educate bene.
Anche Angela era convinta che quegli atteggiamenti violenti fossero il frutto di un sentimento di gelosia che l’uomo nutriva nei suoi confronti.L’uomo è stato arrestato dai poliziotti e condotto alla casa Circondariale di Poggioreale, in quanto responsabile dei reati di maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona, atti persecutori e lesioni e minacce gravi. La storia di Angela dovrebbe far riflettere molte donne ed essere da monito affinché sia chiaro che la Polizia di Stato con lo slogan “questo non è amore…” vuole metterle in guardia dai rischi che derivano nel non denunciare gli uomini violenti.
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